I Maestri del Sogno
![]() Il corpo di molte cerimonie tradizionali diventa la tela, sulla quale viene scritta la storia dell'antenato ed il suo errabondo percorso. L'importanza del simbolismo grafico è fondamentale perché si pone come tramite tra il mondo degli antenati e il presente vissuto. I segni che i progenitori portano sul proprio corpo o quelli che hanno impresso sul territorio sono gli stessi segni che vengono ripetuti sotto forma di disegno durante le cerimonie. Ciò che fa dei disegni qualcosa in più di semplici rappresentazioni del passato ancestrale è il fatto che questi stessi disegni possiedono o contengono il potere dell'essere ancestrale, passato ancestrale e vissuto rituale quotidiano si fondano nella rappresentazione cerimoniale. Attraverso una codificazione simbolica vengono trascritte dimensioni spazio-temporali che fanno parte del Tempo del Sogno, ma anche indicazioni ben più complete, per esempio l'ubicazione di pozze d'acqua. Intere storie e una particolare organizzazione spaziale del territorio sono raccolte in grafemi che sono interpretabili a diversi livelli, secondo il grado di conoscenza posseduto e la posizione sociale occupata. Negli ultimi decenni abbiamo assistito al grande sviluppo della pittura aborigena, alimentato da una parte dal bisogno di conservare l'identità e le tradizioni minate dalla massiccia presenza bianca in Australia e dalla demagogica opera di assimilazione che il governo australiano aveva intrapreso nei confronti della popolazione indigena, e dall'altra dal grande fascino che la trasposizione di rituali e sogni ha esercitato negli acquirenti europei, creando un vero e proprio business delle tele aborigene. Nel testo Le vie dei canti, Chatwin aveva intuito la fortuna che i pittori aborigeni avrebbero avuto presso i mercati d'arte occidentali e affrontava il tema già nelle prime pagine del romanzo. Di queste riportiamo alcune parti di enorme interesse ai fini della comprensione sia dei significati che sottendono quello che oggi si presenta come un vero e proprio movimento pittorico, sia il fascino che esso può produrre su una mentalità di tipo occidentale. "Mrs Lacey domandò: -cosa hai dipinto Stan?-. -Formica di miele- rispose Stan con voce roca. -La formica del miele- disse lei rivolgendosi agli Americani - è uno dei totem Popanji. Questo è un Sogno formica di miele-…. ………..-Ma nel quadro io non ne vedo, di formiche- disse l'uomo. -Vuol dire che è…è un formicaio? I tubi rosa sono i cunicoli?-. -No-. Mrs Lacey semrava un po' scoraggiata. -La tela raffigura il viaggio dell'Antenato Formica del miele-. -Come una cartina?- disse lui con largo sorriso. -Ah, ecco, mi pareva proprio che somigliasse ad una cartina-. -Esattamente- disse Mrs Lacey……. ……-Senta un po'- l'uomo interpellò Stan. -Lei le mangia proprio queste formiche del miele?-. Stan annuì. -Non capisco- disse la donna con tono esasperato. -Vuol dire che il suo sogno non è la formica del miele?-…….. ....-No- la interruppe Mrs Lacey. -Non può. Nessun artista può dipingere il proprio sogno. E' troppo potente potrebbe ucciderlo- …..-Mr Tjakamarra non può dipingere un Sogno Emù perché il suo totem paterno è un emù e farlo sarebbe un sacrilegio. Può dipingere le formiche del miele perché sono il totem del figlio del fratello di sua madre-………. ….-Posso pagare con l'American Express?- Domandò lui. -Certo- rispose Mrs Lacey. -Però la commissione la paga lei, se non le spiace-. -Mi sembra giusto- l'uomo deglutì. -Ma adesso voglio sapere che cosa succede, nel quadro, cioè-. Arkady ed io ci mettemmo zitti zitti alle spalle degli Americani e guardammo Stan che col dito ossuto indicava il grosso cerchio blu sulla tela. Era, spiegò, la Dimora Eterna dell'Antenato Formica di miele a Tatatà. E d'improvviso ci sembrò di vedere file su file di formiche del miele col corpo striato e luccicante, che nelle loro celle sotto le radici del mulga traboccavano di nettare. Vedemmo l'anello di terra rosso fuoco intorno all'ingresso del formicaio, e le rotte di migrazione che seguivano mentre si diffondevano in altri luoghi.. -I cerchi- aggiunse soccorrevole Mrs Lacey -sono i centri cerimoniali delle formiche del miele. Quelle che lui chiama tubi sono le Piste del Sogno-. L'americano era estasiato. -E possiamo andarle a cercare queste Piste del Sogno? Laggiù, cioè? Come ad Ayer's Rock, o in un posto così?-. -Loro sì- disse lei. -Voi no-. -Vuol dire che sono invisibili?- -Per voi sì. Per loro no- -Ma allora dove sono?- -Dappertutto- disse lei. -Per quel che ne so io c'è una Pista del Sogno che passa proprio al centro del mio negozio-." La pittura aborigena contemporanea ad un primo colpo d'occhio occidentale appare come la semplice ripetizione geometrica di elementi uguali, in realtà essa nasconde un vero e proprio testo, un testo che ha una sua grammatica caratteristica (pozzi d'acqua, piste del sogno, aree puntiformi…) e che nelle diverse espressioni dei diversi movimenti pittorici aborigeni contemporanei, rappresenta uno dei modi di mantenere saldi legami con l'identità tradizionale. I quadri possono essere interpretati iconograficamente, come mappe o testi, oppure senza preclusioni, come il prodotto di un movimento pittorico contemporaneo. Attraverso la pittura gli artisti hanno traslitterato i luoghi, la loro cosmogonia con una creatività straordinariamente viva ed ancora più sicura di sé, pienamente consapevole dei propri mezzi espressivi, nelle esposizioni in galleria degli ultimi anni. Oggi le tele di Emily Kame Knwarreye o di Gloria Petyarre sono classificate come opere d'arte contemporanea, e non più solo come narrazioni cerimoniali su tela; si passa da un ricordo meramente mnemonico ed ereditario, ad una compilazione di dipinti duraturi. Gli anni '80 hanno infatti rappresentato per molti artisti l'abbandono della peculiare tecnica puntiforme, dilatando immagini e creando vaste zone di macchie non più divisioniste o semplificando le forme fino a dissolverle in un groviglio "disordinato". I segni, le geometrie e i cromatismi di queste tele mettono in discussione due stereotipi occidentali secondo cui i popoli tribali sono ritenuti o primitivi e autentici, o irrimediabilmente contaminati dal progresso. Questi artisti si caratterizzano invece, per il loro essere, allo stesso tempo, tribali e moderni, locali e globali. Come altre produzioni artistiche correnti dei popoli del "Terzo Mondo", la pittura aborigena si è da poco trasferita, a pieno titolo, nel circuito arte cultura, perdendo le stigmate dell'inautenticità commerciale moderna. Non è un caso che queste opere siano dapprima entrate nel mercato dell'arte attraverso il folklore, i musei etnografici, acquistando pregio non come lavori di singoli artisti ma di Aborigeni, la cui pittura è circondata da specifiche associazioni con la terra, le tradizioni ancestrali e i concetti spirituali. Nonostante molti artisti siano pervenuti alla notorietà internazionale, i loro lavori sono ancora circondati da un'aurea di produzione "culturale", in realtà essi si sono largamente liberati dalla categoria di arte turistica, nella quale i puristi li avevano spesso relegati, ma non possono accedere direttamente al "mercato dell'arte", se non portandosi dietro l'etichetta di cultura autentica o tradizionale. La definizione, Arte Aborigena, ancorata alla sua matrice etnoantropologica, ripropone una struttura gerarchica che riflette solo la prospettiva europea del mondo dell'arte, perpetuando una sorta di imperialismo intellettuale. Piero Ferrante che, attraverso le diverse esposizioni della galleria "Gondwana", è uno dei fautori della circolazione di dipinti aborigeni in Italia, propone una comparazione tra la produzione artistica del Papunya Tula Artist Movement e la "Conceptual art" di New York. Attraverso immagini ridotte ai minimi termini, ambedue le "correnti" artistiche hanno raggiunto un raggio di significati che vanno dalla storia dei popoli, ai loro vissuti, dallo scorrere del tempo alle vicende individuali di ciascuno. Mentre l'arte concettuale proclamava la scoperta di un contenuto ideale come qualità fondamentale dell'arte, gli Aborigeni effettuavano una sintesi delle proprie tradizioni, della propria spiritualità, attraverso icone con cui rappresentavano ciò che non è possibile vedere, superando i sogni più arditi degli artisti newyorkesi. La politica di assimilazione perseguita dal governo australiano negli anni '50 e '60, portò alla creazione di insediamenti-riserve, come Papunya, Yuendumu e Utopia, dove furono portati gli Aborigeni di diverse tribù, strappandoli alle loro terre ancestrali e alloggiandoli in condizioni che a loro risultavano penosamente estranee. All'inizio degli anni '80 gli Aborigeni, grazie alla maggiore visibilità acquisita con le loro opere e alla consapevolezza politica, definita dal processo di costruzione della propria identità, ritornarono nelle loro terre d'origine, riappropriandosi dei luoghi a loro sacri. I dipinti su tela divennero sempre più grandi, le tecniche si evolsero, seguendo passo passo i mutamenti sociali e politici, gli artisti si fecero portavoce di nuovi equilibri, dove identità e memoria non interpretano la tradizione come chiusura. Emily Kame Kngwarreye, è stata uno dei membri anziani della comunità Anmatyerre residente ad Utopia, una volta centro d'allevamento, ora restituito ai legittimi proprietari. E' largamente riconosciuta come una delle più importanti artiste della regione del deserto. Il grande talento e l'originalità concettuale dei suoi lavori hanno influenzato enormemente l'arte aborigena contemporanea e, soprattutto, hanno attirato l'attenzione internazionale e sorpreso per la modernità e l'astrazione del segno di una pittura fino ad allora ritenuta "primitivo-tribale". Ha cominciato a dipingere tessuti con la tecnica Batik , verso la fine degli anni Settanta, realizzando il suo primo dipinto su tela solo nel 1988, a circa ottant'anni. Leader femminile della sua comunità, è stata la custode di numerosi cicli di canti e di diversi siti sacri. I suoi dipinti, tutti spettacolari e diversi, esprimono tutti un tema centrale, un tema che aumenta il nostro interesse per le sue tele, e che ci permette di accostarla al significato del romanzo autobiografico di Sally Morgan: la rappresentazione della sua terra e l'identificazione con il suo luogo d'origine. Dietro i numerosi dipinti intitolati "My country" giace lo stesso concetto che tiene insieme i fili del romanzo " My place": il luogo non è inteso come entità geografica, ma come appartenenza e identità: il mio luogo è mio perché ci sono nato, ci vivo e vi riconosco la mia Storia e la mia Identità. Nel 1997 Emily ha rappresentato l'Australia alla Biennale di Venezia; a Roma le sue tele sono esposte presso la Galleria Gondwana in via Giulia e presso i Musei Vaticani. Gloria Petyarre è nipote di Emily, e rappresenta con lei una delle pittrici centrali del "Dacou"¹ ovvero del Dreaming Art Centre Of Utopia. I temi tradizionali dipinti da Gloria sono: Emu, Muntain Devil Lizard, Medicine Leaves, le strutture lineari dei suoi dipinti derivano dal bodypainting, con Gloria scompaiono i dots, la puntinatura, per astrazioni colorate e effetti ottici che evocano paragoni con artisti contemporanei occidentali. Luca Moretti morettiluca77@hotmail.com ___________________________________ ¹ Per avere notizie del movimento si può consultare il sito internet: www.dacou.com.au |