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Chatwin e l'alternativa nomade.

La storia dell'Australia, come colonia occidentale, si fa generalmente iniziare nel 1770 con lo sbarco del capitano Cook sulle coste di Botany Bay, al largo dell'attuale Sydney. Eppure l'Australia ha una storia che si può rimandare molto più indietro nel tempo, una storia che si collega al popolo degli Aborigeni che la ha abitata per più di 40.000 anni.
Secondo la cultura aborigena, tutte le cose sarebbero state create durante un tempo mitologico noto con il nome di "Tempo del sogno". In quel tempo gli antenati mitologici avrebbero dato vita alle cose con il loro canto e avrebbero lasciato le tracce del proprio passaggio sulla terra attraverso quelle che erano chiamate "Piste del sogno": percorsi sempre uguali a se stessi, lungo i quali le numerose tribù aborigene si muovevano incessantemente in un viaggio che durava tutta la vita.
Forse proprio a quelle piste del sogno, ossia a quel mistero legato al concetto di uno stile di vita nomade, può ricollegarsi l'interesse del mondo occidentale nel confronti dell'Australia.
Il mistero dell'alterità dunque, ma anche la possibilità di una scelta di vita "alternativa", legata alla natura e al rispetto per ogni forma di vita, la nascita di una nuova spiritualità, o la ricerca di altre verità: sono tante le ragioni che potrebbero giustificare lo sviluppo di una produzione, che non è esclusivamente letteraria.
"L'uomo , umanizzandosi, aveva acquisito insieme alle gambe dritte e al passo aitante un istinto migratorio, l'impulso a varcare lunghe distanze nel corso delle stagioni; questo impulso era inseparabile dal sistema nervoso centrale; e quando era tarpato da condizioni di vita sedentarie trovava sfogo nella violenza, nell'avidità, nella ricerca di prestigio, nella smania di nuovo.
Ciò spiegherebbe perché le società mobili come gli zingari siano egualitarie, libere dalle cose e restie al cambiamento; e anche perché, nell'intento di ristabilire l'armonia dello stato primigenio, tutti i grandi maestri - Buddha, Lao tse, San Francesco - abbiano messo al centro del loro messaggio il pellegrinaggio perpetuo, e raccomandato letteralmente ai loro discepoli di seguire la via".
In questa maniera lo scrittore anglosassone Bruce Chatwin, nelle prime righe del testo Anatomia dell'Irrequietezza, spiega il forte fascino che la vita dei nomadi esercitava in lui.
Lo scrittore in questo libro parla appunto di una "Alternativa Nomade"; per Chatwin, il nomade è un uomo di fede, che medita in solitudine, che conosce l'importanza della musica, che ama la danza e i colori vivaci, l'arte nomade è intuitiva e irrazionale, anziché analitica e statica.
L'uomo che se ne sta quieto in una stanza chiusa rischia d'impazzire, di essere tormentato da allucinazioni e introspezione.
Monotonia, regolarità di impegni, tessono una trama che produce fatica, disturbi nervosi, apatia, disgusto di sé e reazioni violente.
Nessuna meraviglia, dunque, se una generazione protetta dal freddo, grazie al riscaldamento e dal caldo, grazie all'aria condizionata, trasportata da veicoli da una casa identica all'altra, senta il bisogno di viaggi mentali o fisici, di pillole stimolanti o sedative, o dei viaggi catartici del sesso.
Chi non viaggia non conosce il valore degli uomini, il viaggio allarga la mente e le dà forma, l'evoluzione ci ha voluto viaggiatori. Per Chatwin i pochi "popoli primitivi" sopravvissuti alla conquista delle "civiltà" sedentarie comprendono meglio di quest'ultime la semplice realtà della natura umana.
Il moto è la migliore cura per la malinconia, la gente, quando si ostacolano i suoi movimenti, aderisce a rivoluzioni, al dio liberatore del nostro tempo, mentre i nomadi non guardano né a destra né a sinistra, i loro occhi sono incollati alla via che va oltre l'orizzonte.
Tutte le civiltà "stanziali" sono per loro stessa natura orientate verso le cose, o come direbbe Giovanni Verga "la roba", le cose hanno un loro modo di insinuarsi in ogni vita umana, per Chatwin infine uno dei principali mali contemporanei è "l'horreur du domicile".
Anatomia dell'Irrequietezza, ci spiega la nascita di un romanzo come The Songlines, un libro nomade che per Chatwin sembra essere stata la ricerca di tutta una vita.
Il testo si apre con l'incontro tra Bruce e Arkady Volchok, un cittadino australiano, di origine russa, il cui mestiere era quello di tradurre la legge tribale nel linguaggio della legge della corona, facendo da intermediario tra il Governo australiano e i proprietari Aborigeni delle terre.
Quale miglior guida per Chatwin, deciso a cercare Le Vie Dei Canti, se non l'uomo che aveva il compito di identificare i proprietari tradizionali della terra portandoli in giro, per i loro antichi terreni e rilevando quale roccia o pozzo fosse opera di un eroe del Tempo del Sogno?
E' attraverso il "Virgilio" russo che Bruce si addentra nell'affascinante filosofia degli Aborigeni:
"Era la Terra che dava la vita all'uomo; gli dava il nutrimento, il linguaggio e l'intelligenza, e quando moriva se lo riprendeva………………
Ferire la Terra è ferire te stesso, e se altri feriscono la Terra, feriscono te. Il paese deve rimanere intatto, com'era al tempo del Sogno, quando gli Antenati col loro canto crearono il mondo".
"Un dedalo di sentieri invisibili ricopre l'Australia, che gli Europei chiamano "Vie dei canti" e gli Aborigeni: "Orme degli antenati", ogni antenato, nel suo viaggio per tutto il paese, ha sparso sulle proprie orme una scia di parole e note musicali, rimaste come punti di comunicazione fra le tribù più lontane……….
L'uomo che andava in walkabout compiva un viaggio rituale, calcava le orme del suo antenato senza cambiare una parola né una nota, e così ricreava il creato…….di notte, mentre vegliavo sotto le stelle, le città dell'occidente mi sembravano tristi e aliene, e le pretese del "mondo dell'arte", assolutamente idiote……
Gli Aborigeni credono che una terra non cantata sia una terra morta; se i canti vengono dimenticati, infatti, la terra ne morirà. Permettere che questo accada è il peggiore di tutti i delitti possibili…..
Prima dell'arrivo dei bianchi, in Australia nessuno era senza terra, poiché tutti, uomini e donne, ereditavano in proprietà esclusiva un pezzo del canto dell'Antenato e la striscia di terra su cui esso passava…….
Una tappa era il luogo delle consegne, dove il canto cessava di essere di tua proprietà e passava ad un altro….
Si credeva che ogni antenato, mentre percorreva il paese cantando, avesse lasciato sulle proprie orme una scia di "cellule di vita"………il primo calcio del bambino corrisponde al momento del concepimento da parte dello spirito. Allora la futura madre contrassegna il luogo e va di corsa a cercare gli anziani, i quali interpretano la configurazione del terreno e stabiliscono quale antenato percorse quella via, e quali strofe saranno proprietà privata del bambino……".
In questa maniera Chatwin per bocca dell'aborigeno Dan Flynn, mostra l'universo spirituale aborigeno, quindi si lascia tentare da un giudizio personale:
"Dai Songs ricavai l'impressione di un uomo che in quel mondo segreto era entrato dalla porta di servizio; che aveva visto la costruzione mentale più sorprendente e intricata del mondo, una costruzione che faceva apparire le conquiste materiali dell'umanità come altrettante quisquilie, ma che, in qualche modo non si lasciava descrivere".
Il romanzo di Chatwin risulta affascinante, come affascinante può apparire la sua alternativa nomade. Questo scrittore ha sicuramente il merito di aver trasportato in un best seller europeo il fascino per un popolo sconosciuto a molti.
Chatwin ebbe addirittura il fiuto per interpretare la futura fortuna che un modo di vivere così affascinante avrebbe avuto nella vecchia e sedentaria Europa, la prossima entrata delle tele degli artisti aborigeni nel circuito delle gallerie d'arte dei paesi occidentali.
In tutto il testo si respira un'aria di grande rispetto nei confronti del popolo incontrato, nonostante la grande diffidenza da parte degli Aborigeni per il bianco, anglosassone, scrittore Chatwin.
Ma se Chatwin incarna il simbolo del moderno viaggiatore occidentale, allora bisognerà considerare anche che, nella sua riscoperta della cultura aborigena, lo scrittore viaggia portando con sé tutte le barriere culturali del mondo da cui egli stesso proviene: l'imagologia può infatti essere intesa come una delle forme di indagine più concrete nell'approccio con l'alterità: lo studio delle immagini, dei pregiudizi, dei cliché, degli stereotipi e in generale delle opinioni su altri popoli che la letteratura trasmette, condensano le idee che l'autore condivide con l'ambiente sociale e culturale in cui vive. Allo stesso tempo, la descrizione di un popolo straniero mette in gioco la visione che l'autore ha della propria cultura e la maniera in cui egli vi si colloca, ossia la propria identità culturale.
Nomadismo diventa spesso sinonimo di fuga e l'altro permeando l'altro di un'aurea assai bizzarra; il concetto stesso di Via del Canto perde progressivamente il proprio contenuto iniziale per allargarsi ad un discorso più ampio sul nomadismo. Quest'ultimo, infatti, cessa di essere uno spostamento incontrollato determinato dalla mancanza di radici fisse, e diventa un fenomeno che Chatwin propone addirittura come alternativa allo stile di vita stanziale.
In quanto tale, dunque, la condizione nomade non verrà più necessariamente connotata in maniera negativa, poiché essa diventerà addirittura una scelta di vita.
In questa particolare visione del viaggio e in questa interpretazione in chiave positiva del nomadismo, il concetto di stanzialità assume un valore maggiormente definito. Essa non sarà più solo il simbolo della morte, ma arriverà a rappresentare la morte dello spirito.
Senza rinnovare il proprio contatto con la terra, l'uomo non potrà che morire dentro. Ecco perché l'irrequietezza viene meglio spiegata, secondo Chatwin, da coloro che sono costretti in qualche modo all'immobilità. Il viaggio è fuga dalla realtà, e stavolta, più precisamente, davvero fuga dall'inquietudine del vivere.
Da questo punto di vista il nomadismo assume un valore simbolico che non si limita al significato religioso o alla ricerca di certe verità che non sono rintracciabili nelle società stanziali: diventa un momento di crescita interiore, di esperienza e di maturazione.
La spiegazione del nomadismo in questi termini, soprattutto nell'ultimo caso, quello cioè del viaggio come ricerca, implica un'ulteriore attribuzione di tematiche occidentali al mondo dell'altro.
Lo stile di vita povero delle società nomadi fornisce, a chi proviene da una ricca società stanziale, l'illusione di un ritorno ad uno stile di vita, se non "primitivo", quantomeno "naturale".
Nonostante tutto, questo scrittore non sembra essersi abbandonato a falsificazioni new age e ad un utilizzo commerciale del resoconto della cultura incontrata; Chatwin ha comunque il merito di essersi avvicinato a questa popolazione, di averla conosciuta, e di aver spinto numerosi lettori del mondo occidentale a confrontarsi con il mondo del deserto.

Luca Moretti
morettiluca77@hotmail.com





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