IL RAPPORTO FORMATORE DI CORPO E PAESAGGIO
NELLA CULTURA ABORIGENA AUSTRALIANA
IN RIFERIMENTO ALLA
PRATICA RITUALE MUSICALE
di Alberto Furlan
Capitolo Quinto
La pratica rituale musicale
5.1
Introduzione
La pratica
rituale è, presso le popolazioni aborigene australiane, lo strumento
fondamentale nei processi di organizzazione sociale ed educazione del singolo.
Durante lo svolgimento delle cerimonie viene spiegata la mitologia ancestrale,
sono impartiti insegnamenti, viene alimentata e protetta la conoscenza. Questa
pratica è accompagnata, nella sua esecuzione, da un’espressione musicale.
L’importanza dell’aspetto “sonoro” è una delle caratteristiche fondamentali del
cerimoniale aborigeno tanto che quasi tutto il corpus rituale aborigeno prevede
l’utilizzo della musica come sua parte principale. La musica in questa
trasposizione di importanza diventa essa stessa espressione “sacra” poiché è
prodotto dell’attività dei progenitori ancestrali: è noto infatti come essi
abbiano creato canzoni delle loro gesta ed abbiano formato il mondo nominandolo.
Gli uomini che oggi ripetono questi canti solennemente affermano che lo fanno
nella stessa maniera in cui la prima volta li hanno declamati i loro antenati
totemici. La musica e la sua esecuzione acquistano un’importanza di primo piano,
nella pratica rituale descrivono al meglio gli elementi della vita aborigena,
l’ontogenesi del suo sistema, le figure sociali e i modelli di interazione
personale, ma non di limitano a questo. La musica è un vero e proprio microcosmo
all’interno dell’universo indigeno, è un sistema che oseremmo definire come
“pervasivo”, entra in ogni contesto e ne assorbe le qualità, si colora di una
multiforme proprietà che ne permette il continuo adattamento a situazioni e
forme diverse. La musica aborigena, come sostiene Catherine Ellis:
ha una qualità iridescente. Il colore dipende da quale aspetto,
volta per volta, cattura l’attenzione delle persone. Le strutture, anche se
completamente inalterate, possono apparire prima in una forma, e poi in
un’altra.

La caratteristica principale del sistema è appunto essere
così variegata da non avere una definizione settoriale - ed un campo d’azione -
a sé stante come potrebbe avvenire all’interno di una cultura “occidentale”, al
contrario essa pervade ogni aspetto della vita indigena caratterizzandosi come
il fondamento su cui si basa ogni espressione rituale. Analizzare la cultura
aborigena australiana presuppone necessariamente l’interesse verso la sua
espressione sonora ove, musica canti e danze descrivono e sono parte del sistema
tutto. Per questo, oggetto di questo capitolo sarà l’esposizione dell’importanza
sociale ma anche ontologica dell’espressione musicale, la descrizione della sue
caratteristiche principali con una particolare attenzione a come corpo e
paesaggio entrino, in qualità di snodi fondamentali, all’interno del sistema
stesso.
5.2 Cerimoniale
aborigeno
Come abbiamo
già evidenziato in precedenza, le cerimonie nella cultura aborigena australiana
hanno un ruolo di primo piano. Nel tempo e nel luogo del rito vengono definiti
ed amministrati i rapporti tra i diversi soggetti sociali, le connessioni tra i
gruppi totemici e il rapporto con il passato ancestrale. Una divisione e
categorizzazione sistematica del cerimoniale indigeno non è semplice, per la sua
ampiezza e variabilità, potremmo però considerare come le manifestazioni rituali
più importanti siano quelle legate alla vita dell’individuo, considerata nei
suoi differenti stadi evoluti. Tra queste i riti di iniziazione e quelli
mortuari sembrano le più significativi. Il brano seguente ci aiuta in questa
definizione.
Il sistema cerimoniale della Terra di Arnhem del
nord-est è estremamente complesso, sia in termini di numerosi tipi di cerimonie
che nella variazione delle loro strutture. Ci sono stati diversi tentativi di
dividere le cerimonie Yolngu in categorie, utilizzando vari criteri separati.
Warner e Berndt suddividono le cerimonie sulla base della costellazione
mitologica alle quali sono associate, e alla loro metà [moeity] di appartenenza.
Berndt e Warner distinguono anche tra cerimonie mortuarie e rituali di
iniziazione, come fa Maddock, che usa il termine riti o culti di vita o di
morte. Egli divide i riti di vita un due tipi: culti di fertilità e culti di
iniziazione. Il più recente schema di Berndt sembra essere il più appropriato
sotto molti aspetti: egli discute le cerimonie in relazione al ciclo di vita
dell’individuo, effettivamente amalgamando i riti di vita e di morte di Maddock
in un continuum di esecuzioni cerimoniali. Il vantaggio di questa prospettiva è
duplice: tiene conto della correlazione tra le cerimonie, dell’essenziale
continuità dell’esecuzione, mentre focalizza l’attenzione sulle caratteristiche
più palesi che differenziano i rituali. Tiene conto del fatto che le cerimonie
sono correlate con i diversi stadi della vita e della morte dell’individuo,
senza porre un confine tra i “riti di vita” ed i “riti di morte” che si porrebbe
in mezzo all’unità tematica del sistema cerimoniale Yolngu.

Nel
corso dell’evoluzione della percorso di vita di ogni individuo, il rituale crea
un ponte di contatto tra il presente quotidiano e il passato ancestrale, con tre
principali atti riscontrabili nell’esecuzione cerimoniale.
Rievocazione
degli eventi cosmogonici: nell’analisi che andremo a sviluppare nei prossimi
paragrafi, vedremo come il cerimoniale indigeno sia principalmente costituito da
canzoni i cui testi ripercorrono e descrivono i viaggi dei progenitori
ancestrali nel territorio di appartenenza del clan proprietario della canzone
eseguita. Nella storia raccontata nella performance vengono descritti tutti i
luoghi importanti, i siti sacri, del gruppo in questione; sono narrate le gesta
degli antenati totemici.
Riattualizzazione delle azioni ancestrali:
nella danza cerimoniale gli esecutori impersonificano gli stessi progenitori
ancestrali mimando le azioni compiute nel Tempo del Sogno. L’identificazione è
totale, i gesti del corpo e l’espressione del volto evocano e rappresentano gli
animali totemici associati agli antenati.
Declamazione dei nomi
propri: nella pratica rituale, durante le danze totemiche, vengono recitati
i nomi propri degli individui, del gruppo, dei posti posseduti e dei progenitori
ancestrali. In questo modo viene assunto ed inglobato il potere stesso
dell’antenato evocato. Come ci suggerisce Franca Tamisari, potremmo asserire che
“i nomi, fondono il corpo umano e i corpi ancestrali che si sono trasformati in
particolari aspetti morfologici del paesaggio. Questi nomi sono quindi
manifestazioni ancestrali nella misura in cui condensano posto, evento e
azione.”

In sede di analisi delle espressioni rituali aborigene si deve
sottolineare un altro importante elemento costituente, a ben vedere, la vera
base su cui poggia l’intero sistema: l’aspetto musicale. Gran parte della
pratica cerimoniale aborigena è musicale, per questo, lungi da esser una mera
forma di espressione qualificabile come puro “intrattenimento” la musica si pone
come un sistema nel sistema, una riduzione esplicativa e normativa dell’intero
universo ontologico indigeno, il luogo dove vengono testate e stabilite le
regole del vivere comune, il punto di contatto con il mondo trascendente della
mitologia, un pluricampo semantico ed ontologico. La centralità delle
manifestazioni musicali si può cogliere allorquando, come ci suggerisce Wild, le
funzioni che la pratica musicale assolve si dimostrano essere fattori primari
per la vita economica e rituale delle popolazioni autoctone; nel brano seguente
ne abbiamo la dimostrazione.
Funzioni
ecologiche
Considerata come comportamento rituale, la musica e la
danza hanno importanti funzioni ecologiche nella cultura Walbiri. Ricevere nuove
forme di rituali associate con il territorio richiede la presenza di un membro
vivente della società. Gli Spiriti-agenti del Tempo del Sogno danno nuove forme
rituali associate con siti totemici o siti nelle cui vicinanze queste nuove
forme furono ricevute. Poiché le canzoni, le danze e le altre forme rituali sono
altamente valutate, esiste una forte motivazione da parte dei gruppi di
discendenza per ritornare alle loro terre tradizioni per ricevere nuovo
materiale rituale. La proprietà dei rituali associata con il territorio
costituisce una legittimazione del possesso terriero e il diritto per il suo
sfruttamento economico.
Funzioni sociologiche
La musica e
la danza Walbiri hanno anche importanti funzioni sociologiche. Gli uomini usano
le canzoni e le danze, direttamente e simbolicamente, per stabilire la loro
autorità, in parte per ragioni personali e in parte per garantire la
perpetrazione delle tradizioni culturali che si credono possedere un’autorità
che deriva direttamente dal Tempo del Sogno. Le canzoni e le danze sono anche
usate per “liberare” i bambini dalla dipendenza dalle loro madri e per
incorporarli nella compagnia degli uomini, […] nelle forme rituali i bambini e
gli uomini sono identificati nella tradizioni degli antenati. La protezione
rappresentata dalla madre del bambino è rimpiazzata con la soddisfazione e la
sicurezza della partecipazione nell’esecuzione di rituali che rappresentano la
Madre del Tempo del Sogno.
Funzioni psicologiche
Ad
aggiungersi alle funzioni ecologiche e a quelle sociologiche ci sono anche le
funzioni psicologiche della musica e della danza Walbiri: la loro esecuzione
fornisce l’assicurazione dell’efficace continuità dei fenomeni che sostengono la
vita. Questa funzione è presente nell’esecuzione di tutti i rituali totemici, ma
in alcuni è più manifesta che in altri. Da un punto di vista analitico, il
potere soprannaturale, che si crede sia attivato dalla performance rituale, che
scatena desiderio erotico o che cura un’indisposizione, è modellato sulla base,
e dipende per la sua stessa efficacia, della stessa fonte psicologica che è
presente nelle relazioni quotidiane tra le persone. L’azione di cantare in
particolare è considerata dai Walbiri come detentrice di una proprietà speciale
nelle relazioni di potere tra le persone e per questo bisogna dare per scontato
che la natura della musica Walbiri fornisca il supporto psicologico per
l’assicurazione della adeguata riuscita del lavoro “magico”.
I
brani sopra citati sono adeguatamente esplicativi del ruolo centrale che la
musica assume all’interno della cultura aborigena australiana. È la stessa
composizione interna del sistema che gli permette di avere un ruolo così
primario nell’organizzazione sociale. Nei prossimi paragrafi andremo a
descrivere gli elementi fondamentali della pratica rituale musicale, dal punto
di vista musicologico ed ontologico. In particolare porremo l’attenzione
sull’interconnessione delle sue principali strutture, sull’interazione di
diversi campi espressivi come la musica, la danza e il
disegno.
5.3 Modelli di
espressione musicale
La musica
aborigena australiana si caratterizza come essenzialmente vocale, è composta da
una serie di canzoni accompagnate da strumenti musicali sostanzialmente a
percussione. Lo stile e l’accompagnamento variano da area ad area. Compresa
all’interno di una cultura orale la pratica musicale viene acquisita per
imitazione e trasmessa senza alcun riferimento a notazioni scritte; come altri
aspetti dell’universo indigeno, anche in questa pratica sono presenti diversi
livelli di conoscenza ed interpretazione delle canzoni, tanto che esiste una
differenziazione sostanziale tra le varie composizioni. Esistono per questo
canzoni sacre e segrete, canzoni pubbliche, canzoni delle donne, canzoni singole
e di gruppo. L’esecuzione di questo corpus musicale e delle correlate danze
cerimoniali è un avvenimento fondamentale nella vita del gruppo, tanto che
rispecchia ed è esso stesso elemento principe dell’organizzazione sociale
interna. Le canzoni sono composte da brevi versi raggruppati usualmente in
distici, cantati in sequenza con interruzioni tra l’uno e l’altro.
L’organizzazione dell’esecuzione si basa sulla capacità di emissione vocale del
cantante principale e sulla sua abilità nel controllo del respiro. Solitamente
un insieme musicale è composto da uno o più cantanti ognuno dei quali
accompagnato da uno strumento a percussione o, dove in uso, dal didjeridu.
Durante l’esecuzione, nelle pause tra un distico e l’altro, avvengono costanti
aggiornamenti sulla qualità dell’azione in corso, i vari elementi del gruppo -
tra loro anche i danzatori - si mettono d’accordo sui vari punti della
cerimonia. Gli esperti, o virtuosi, nelle diverse discipline, come ottimi
cantanti o capaci suonatori, sono ricoperti di grande ammirazione e la loro fama
si diffonde oltre il gruppo sociale a cui appartengono.
5.3.1 Strumenti
musicali
Gli strumenti
musicali delle popolazioni aborigene australiane sono ricavati dagli elementi
naturali reperibili nel territorio, ma non solo, anche lo stesso corpo umano è
usato come strumento. Quasi l’intera totalità degli strumenti è a percussione ed
è così che viene utilizzato il corpo nell’esecuzione musicale. In pochi casi è
stato riscontrato l’uso di membranofoni; viceversa mai sono stati rilevati
cordofoni; come eccezione poi, si trova l’uso di aerofoni, in particolare il
didjeridu che, come vedremo, è divenuto un’icona identificativa dell’intera
popolazione aborigena.
Idiofoni

Un bastone singolo battuto
per terra: questo è il modo più frequente di accompagnamento nelle canzoni degli
uomini,
nel corso dell’esecuzione musicale si forma su terreno una piccola
depressione che viene appianata nell’intervallo tra le canzoni.
Coppia di
bastoni: l’esecutore percuote tra loro i due legni che per proprietà stessa del
materiale di costruzione
danno un suono molto brillante, quasi metallico che si
può sentire ad una grande distanza dal punto cerimoniale. In alcune occasioni
uno dei bastoni giace a contatto con il terreno. Le dimensioni di questi
strumenti variano da quindici centimetri di lunghezza per tre di diametro fino a
quaranta centimetri di lunghezza per un diametro di sei.
Coppia di boomerang: il
normale boomerang da caccia presenta due superfici diverse: una curva e una
piatta. Nell’esecuzione musicale i due strumenti sono posti verticalmente di
fronte al corpo dell’uomo e sono tenuti nel mezzo, le due estremità vengono in
contatto secondo un ritmo che può variare, in certe occasioni cresce a tal punto
da formare un suono continuo.
Un set di percussioni: diversi elementi vengono
percossi da un singolo bastone, questo set è composto da legni di diverse
dimensioni, da tubi di legno di varie lunghezze e da scudi cerimoniali che
possono anche essere suonati con un contatto col terreno.
Raschiatoio:
particolare esecuzione nelle canzoni dell’area dei Kimberley,
un bastone
zigrinato o un parte del percussore delle lance viene sfregato da un altro
bastone più sottile.
Il corpo come idiofono
Battito di
mani: questo accompagnamento è usato indifferentemente da uomini e donne,
la
tecnica è la stessa, la mano più bassa resta ferma mente quella superiore la
percuote, entrambe assumono la forma di una coppa.
Percussione della coscia:
questa tecnica prevede la percussione della parte superiore della gamba - dal
ginocchio al bacino - con una mano, il suono che ne deriva varia a seconda
dell’intensità del colpo e del posto battuto. Questa pratica risulta
prevalentemente femminile.

Percussione del petto: un’altra tecnica femminile che
non ha particolare influenza sonora nell’esecuzione ma che piuttosto si inquadra
nell’importante sensazione tattile della pratica musicale.
Membranofoni
Tamburo di pelle: è uno strumento a
percussione composto da un tronco di un albero e da una membrana costituita
dalla pelle di lucertola o goanna,

usualmente localizzato nell’area di Capo
York; l’estremità
posteriore aperta assume alle volte la forma di bocca di
coccodrillo.

Aerofoni
Bull-roarer: è una tavoletta di legno
di forma ovale di dimensioni variabili tra venti centimetri e un metro di
lunghezza. Ad un’estremità presenta un foro attraverso il quale viene fatta
passare una corda. Con l’estremità della corda ben salda all’interno della mano
lo strumento viene fatto ruotare velocemente, dopo un leggero colpo iniziale
assestato con un piede, a lato del corpo o sopra la testa. Il suono che produce
varia a seconda della grandezza dello stesso e va da un sottile e ronzante
tremolio ad un roboante ed impetuoso ruggito. Il bull-roarer (letteralmente
muggito di toro) è ritenuto uno strumento sacro e viene suonato nelle cerimonie
più importanti come iniziazioni o funerali, al suo suono vengono associate le
voci stesse dei progenitori ancestrali.
5.3.2 Il Didjeridu:
uno strumento ed un’icona
aborigena
Il più famoso
strumento musicale dell’Australia aborigena è un aerofono che viene chiamato
didjeridu.

È costituito da un tronco o da un ramo di eucalipto naturalmente
scavato nella sua parte più morbida dalla termiti, tagliato di una certa
lunghezza che può essere estremamente variabile,

alla cui estremità più stretta
viene aggiunta della cera d’api per formare una sorta di imboccatura più comoda.
Il particolare interesse che ha suscitato intorno al mondo questo singolare
strumento è dato dalla sua tecnica di esecuzione, essendo in fin dei conti un
semplice tubo, può produrre solo una nota (la fondamentale) e un suono armonico
(chiamato overtone) corrispondente alla decima del fondamentale. Una sapiente
tecnica esecutiva permette poi di variare il suono attraverso la produzione di
ulteriori suoni armonici, mediante l’interazione di lingua, guance, labbra e
laringe. La fondamentale caratteristica di questo strumento però è data da
quella particolare tecnica respiratoria che permette l’emissione continua del
suono: la respirazione circolare. Fisicamente è impossibile per la natura della
conformazione dell’apparato respiratorio umano inspirare ed espirare allo stesso
tempo, il problema è superato con una semplice tecnica che permette di tenere
una riserva d’aria nelle guance ed espellerla nello stesso momento in cui si
inspira con il naso. Ulteriori suoni sono ricavati da movimenti della lingua e
delle labbra, dall’uso delle corde vocali e dal movimento del diaframma.
Malgrado la sua diffusione sia oggi più estesa, il didjeridu è originario della
parte nordorientale della Terra di Arnhem, nello stato del Northern Territory, e
questo per un semplice motivo naturale: solo in questi luoghi si trovano le
termiti che sono i “creatori” di questo strumento. Il didjeridu ricopre la parte
ritmica negli insiemi sonori nelle cerimonie di vario tipo, accompagna
l’esecuzione vocale e si trova spesso insieme con altri strumenti a percussione.
Il suo suono è anche usato ad imitazione degli animali tipici australiani come
il dingo o il kookaburra. Lungo tutta la superficie esterna, con i colori del
gruppo di appartenenza, vengono dipinte le figure degli antenati totemici ed i
loro viaggi ancestrali. A differenza del bull-roarer, il didjeridu non è
ritenuto un segreto strumento sacro cerimoniale e per questo la sua diffusione e
il suo uso vanno ben oltre la pratica rituale; è divenuto oggi un’icona
dell’aboriginalità tant’è che è divenuto il prodotto indigeno più pubblicizzato
e commercializzato. È un esempio di diffusione culturale; nei numerosi negozi di
arte aborigena non è raro vederli dipinti con la tecnica dei puntini: una
tecnica originaria dell’Australia centrale su uno strumento del nord. Ed ancora,
negli anni sessanta e settanta è stato la bandiera della protesta per
l’autodeterminazione delle popolazioni aborigene e oggi il suo suono riecheggia
come punto di contatto tra la cultura bianca e quella indigena, anche per questo
molti esecutori di alto livello sono euro-australiani. Un episodio è
significativo in questo contesto, accadde nel 1995 durante il corso della
celebrazione dell’Anzac Day, il giorno in cui di celebrava l’ottantesimo
anniversario della battaglia di Gallipoli.

La cerimonia fu molto
intesa e toccante … quando gli organizzatori si scusarono del fatto che non
c’erano trombe per suonare l’inno nazionale, una voce disse: “Che ne dite di un
didgeridoo?” La folla approvò entusiasticamente. Una speciale occasione fu resa
ancora più speciale da fatto che il suono di un didgeridoo si espanse
tutt’intorno in quel posto. Un toccante e sobrio saluto ai nostri eroi caduti.
Subito dopo ci furono due minuti di silenzio in cui non si udì un singolo
rumore.

Il più rappresentativo strumento aborigeno è stato in quel
caso il simbolo celebrativo dell’avvenimento che più di tutti gli altri ha
contribuito alla formazione dell’identità nazionale australiana, della cultura
bianca australiana. Il didjeridu è uno strumento complesso e non solo nelle sue
caratteristiche sonore. L’irregolarità dell’interno del tronco usato e la
produzione di un suono che è somma di altri suoni si combina con la semplicità
della forma esterna priva di fori o chiavi per la modulazione, la semplice
complessità del risultato di queste caratteristiche produce un suono al cui
interno vi è un universo di sensazioni e valori che a ben ragione possiamo
riconoscere come propri della cultura aborigena. Il corpo usato come base stessa
dello strumento - che quasi appare come un suo prolungamento - e il paesaggio
che la sua voce va a narrare - le qualità descrittivo-naturalistiche del
didjeridu sono ben note - si fondono in un sola vibrazione la cui misteriosa
provenienza non è che un insieme di tutte queste
caratteristiche.

5.3.3 Differenze negli
stili musicali
Come per tutte
le altre caratteristiche di quella che abbiamo uniformemente definito cultura
aborigena australiana, anche nel caso della pratica musicale si possono
ritrovare delle differenze regionali. Differenti impieghi di strumenti e diverse
attitudini “compositive” comportano una differenziazione negli stili di
esecuzione. Il didjeridu, ad esempio, si trova tradizionalmente solo nella parte
settentrionale del continente e, per quanto riporta l’etnografia musicale
analizzata, potremmo asserire che l’uso di boomerang come strumenti a
percussione sia presente soprattutto nella parte centrale e meridionale
dell’Australia. Inoltre è lo stesso stile di esecuzione delle canzoni che
presenta delle differenze regionali. Il modello delle canzoni del centro
Australia prevede testi composti di brevi versi che si ripetono incessantemente
uguali, sono accompagnati da idiofoni e il profilo melodico consiste in una
serie progressiva di frasi discendenti. Collegate ai culti totemici dei viaggi
queste canzoni sono nate nelle centrali aree desertiche e si sono diffuse in
tutta la parte centrale del continente. Al contrario, la parte settentrionale,
presenta un altro modello esecutivo delle canzoni. Specialmente nelle aree
costiere del nord Australia le canzoni prevedono un testo composto da un numero
significativo di frasi differenti, ripetute raramente. Queste canzoni sono
accompagnate da idiofoni, ma anche da membranofoni e aerofoni, e la linea
melodica vocale è di sovente interrotta caratterizzando, la canzone anche per le
sue distinguibili divisioni interne.

Un motivo di unione tra i diversi stili è
invece la tipica organizzazione delle canzoni stesse: esse non sono episodi
separati e autonomi, ma fanno parte di un ciclo, associato ad un progenitore
totemico ancestrale; nel ciclo, ogni canzone si riferisce ad un particolare
avvenimento e luogo in cui l’antenato ha compiuto una di quelle che la mitologia
definisce azioni formative.

Importanti caratteristiche determinano poi la
qualità dello stile musicale: la voce ha un ruolo di primo piano, deve essere
chiara, acuta e nasale per incontrare i favori del pubblico. Inoltre, è
necessario avere una buona abilità di controllo del respiro, poiché la stessa
costruzione delle frasi melodiche si basa sulla capacità respiratoria, tant’è
che i cantanti “senza fiato” vengono coperti di critiche. Una buona conoscenza
degli argomenti che costituiscono i testi delle canzoni è poi un prerequisito
indispensabile, l’abilità di un cantante non deriva perciò solo dalle sue
possibilità fisiche, ma anche dal suo grado di conoscenza, dal livello di
importanza che ha assunto all’interno della società, dai segreti che gli sono
stati svelati. Anche nella pratica musicale la comprensione della canzoni e
l’abilità nella loro esecuzione avviene per gradi: le diverse rivelazioni
arrivano con stadi di crescente importanza, in momenti fondamentali della vita
sociale del singolo e del gruppo.
5.3.4 Lo stile delle
canzoni della Terra di Arnhem del
nord-est 

Lo stile di
queste canzoni prevede una improvvisazione nelle esecuzioni; usualmente le frasi
melodiche sono brevi, hanno una durata di una trentina di secondi; tuttavia in
punti di particolare interesse dell’esecuzione, anche in relazione al testo
cantato, motivi di due o tre minuti possono essere eseguiti senza interruzioni.
Di solito la voce o le percussioni iniziano ogni “blocco” con una breve
introduzione al cui termine entra il didjeridu. I tre componenti sonori
determinano allora l’altezza, il tempo e i modelli ritmici da usare. Alla fine
la voce resta sola e si produce in una breve coda che riassume i modelli sonori
e tematici della canzone eseguita. Più voci nell’esecuzione cantano solitamente
all’unisono, le altezze usate dalla voce non seguono quelle del didjeridu che
risulta essere principalmente uno strumento di accompagnamento. L’introduzione
di un profilo melodico diverso all’interno di una serie di canzoni spesso
sottolinea il fatto che l’esecuzione in atto si riferisce ad un nuovo antenato
totemico rispetto alla narrazione precedente.
5.3.5 Lo stile delle
canzoni del centro Australia 

Le canzoni di
questo stile sono anch’esse formate da un numero di versi e, per ammissione
degli stessi esecutori, secondo un unico modello tonale. Questa area di stile
prevede esecuzioni musicali puramente vocali, esistono strumenti di
accompagnamento ritmico ma mai di una definita altezza tonale, il didjeridu non
è diffuso in questa area. Due elementi ritmici sono presenti in tutta la musica
aborigena: il primo è il ritmo della stessa canzone quello che risulta dalla
trasposizione di un testo in un contesto musicale, il secondo è il battito
interiore che sottolinea tutta l’esecuzione espresso solitamente dagli strumenti
a percussione suonati dai cantanti o da appositi musicisti. Nel caso in cui
questi due ritmi non si sovrappongano, in alcuni momenti particolari quello che
risulta è una sorta di poliritmia. Al contrario, una delle caratteristiche
salienti della musica aborigena del centro-sud del continente è quella che è
stata definita isoritmia:

questa risulta dall’uso di un particolare modello
ritmico che provvede all’inquadramento generale di tutto il testo, solitamente
breve, all’interno della canzone. Ritmo e testo sono ripetuti continuamente fino
alla fine della melodia.
5.3.6 Lo stile delle
canzoni del Sud Australia
L’esecuzione
musicale di quest’area è simile a quello analizzato nel paragrafo precedente,
tuttavia, secondo Catherine Ellis, si possono notare delle significative
differenze, si può riscontrare:
uno stile di canto ornato e un ritmo
libero che non è strettamente controllato dalla struttura del testo della
canzone; una qualità più leggera di voce e una linea melodica che piuttosto
spesso si alza, e copre una vasta portata di note.

5.4 La canzone
aborigena
L’espressione
vocale è, come abbiamo visto la principale caratteristica della musica
aborigena. Malgrado le differenze di stili ed esecuzioni riportate nelle diverse
aree analizzate, esistono delle similitudini significative che si devono
necessariamente sottolineare alla luce di una attenta indagine. L’insieme di più
canzoni, come abbiamo già visto, forma un ciclo narrativo che descrive le gesta
di un antenato totemico lungo tutto il percorso che ha intrapreso nella
plasmazione del mondo, questa serie così ampia di canzoni non può essere
eseguita da un solo gruppo indigeno, ma appartiene, nelle sue divisioni, a più
popolazioni che sono separate tra loro anche da diverse centinaia di chilometri.
La particolare evoluzione della pratica musicale aborigena ha permesso che la
canzone associata con una particolare linea totemica conservasse la stessa forma
melodica lungo tutto l’arco della sua esecuzione. Questo significa che nel caso
di percorsi ancestrali sviluppatisi per migliaia di chilometri, la stessa linea
melodica si distribuisce e si conserva invariata all’interno aree che presentano
differenti cultura con linguaggi e tecniche musicali diverse. Quello che si
conserva sono cellule melodiche universali che vanno al di là delle modalità di
esecuzione stessa, per cui un visitatore di un’area a lui sconosciuta, pur non
comprendendo il linguaggio che i musicisti usano nella canzone, può stabilire a
quale linea totemica essa appartenga. La canzone del proprio antenato ha un
ruolo importante nella formazione dell’uomo adulto, è parte della sua stessa
identità e riconoscere la propria canzone in un altro “paese” è un fatto di
grande importanza, significa avere con quel luogo un legame, significa avere il
diritto di passare su quelle terre e, in molti casi, il diritto di sfruttarle
economicamente. Queste canzoni legano il presente spaziale dei diversi paesi e
il presente temporale con il passato - però eterno - del Tempo del Sogno, “il
cantante è parte di un continuum; sta rivivendo gli eventi di una altra era, ed
è tuttavia parte di essi.”

Sono canzoni a cui viene attribuita un particolare
qualità, la possibilità di andare al di là dei confini (cross boundaries):
Nelle lunghe vie dei canti che raccontano degli antenati del Tempo
del Sogno, la melodia attraversa i confini tribali e segue gli antenati nel loro
viaggio originario.

La qualità della canzone rispecchia le
caratteristiche stesse della cultura della popolazione che la produce. In questo
paragrafo descriveremo la canzone nei suoi tratti peculiari, le diverse qualità
di cui si colora e gli argomenti trattati al suo interno. Porremo poi
l’attenzione sul modo in cui la sua composizione rispecchia la società indigena,
come i valori di proprietà e conoscenza siano caratteristiche fondamentali della
sua essenza.
5.4.1 I soggetti delle
diverse canzoni
La cultura
aborigena presenta una società divisa in base all’età ed al sesso, tutto questo
si rispecchia nella pratica musicale. Una prima importante distinzione da fare
sulla canzoni è tra esecuzioni “private” (o interne) e “pubbliche” (o esterne).
La conoscenza è un valore a cui si ha accesso diverso in base all’età e al
genere. Per questo certe cerimonie restano segrete - e quindi sono “chiuse” - ai
membri dell’altro sesso o ai giovani. Uomini e donne hanno cerimonie, canzoni e
anche siti segreti di loro appartenenza, e solo a loro riservati, tanto che
avvicinarsi a uno di questi luoghi costituisce un pericolo per un membro del
sesso opposto. Le canzoni segrete sono conosciute solo dagli iniziati e vengono
trasmesse ai giovani dopo opportune cerimonie, al contrario quelle definite
“pubbliche” prevedono la partecipazione di tutto il gruppo sociale, vengono
eseguite durante cerimonie importanti come circoncisioni e funerali e sono per
questo importanti strumenti per l’educazione culturale, come ci suggerisce
Biernoff:
Le canzoni pubbliche soddisfano un numero di funzione
all’interno della comunità. Solo in queste circostanze i non-iniziati - la
maggioranza della comunità può divenire consapevole dei legami, sociali e
rituali, che legano il gruppo assieme.

Tuttavia, malgrado queste
occasioni di confronto a livello comunitario, le differenze presenti
nell’organizzazione delle conoscenza e le diverse figure sociali hanno dato
luogo a diversi corpi di canzoni. La produzione musicale maschile è quella più
ampia e variegata - in parte anche perché è quella più etnograficamente
documentata - le canzoni in questi cicli cerimoniali sono legate ai progenitori
ancestrali, durante queste esecuzioni gli uomini si identificano con questi
antenati e ne mimano le azioni in danze. Malgrado questa predominanza, altri
importanti soggetti sociali si producono in un proprio cerimoniale che può
seguire in parte o discostarsi del tutto da quello maschile.
Le
canzoni dei bambini
Questo tipo di espressione non si può connotare come
una vera e propria produzione organizzata, visto la giovane età e il limitato
grado di conoscenza dei suoi attori, tuttavia la ricorrenza di questa pratica si
riscontra frequentemente all’interno della società indigena tanto da essere
riconosciuta come “stabile” da diversi studiosi. Come per gli aspetti della
conoscenza, anche la pratica musicale si sviluppa per imitazione; per questo si
può dire che il repertorio dei giovani sia una sorte di copia di quello adulto,
ma non per questo la sua importanza deve essere sminuita, infatti è proprio in
questa età che si formano i nuovi virtuosi adulti: chi diventerà uno sapiente
cantate o uno stimato musicista comincia fin da piccolo la sua pratica. Il testo
delle esecuzioni è intriso di riferimenti naturalistici, la comprensione del
mondo avviene anche tramite le canzoni, i bambini imparano a riconoscere e a
formulare giudizi organizzativi sull’ambiente circostante e li riportano
all’interno della composizione.

Le canzoni delle donne
Il
repertorio delle donne è più ridotto di quello degli uomini, sia per quanto
riguarda la frequenza di esecuzione sia per quanto concerne gli argomenti
trattati. Di solito la ritualità femminile è separata spazialmente e spesso
anche per diversi argomenti da quella dell’altro sesso, per questo le canzoni
nelle cerimonie d’amore e magia atte alla produzione della fertilità sono
cantate separatamente da uomini e donne nel sud del continente.

Una tipica
produzione musicale femminile sono le canzoni di lamento che vengono eseguite
nel corso di iniziazioni - si piange per il dolore a cui andrà incontro il
giovane uomo e per il passaggio dell’individuo al mondo degli adulti - o anche
durante funerali. Nella parte nord-est della Terra di Arnhem in queste canzoni
“le donne usano le parole delle canzoni del clan degli uomini in una serie di
lunghe frasi melismatiche.”

Similmente alla pratica maschile, anche questo
cerimoniale femminile entra in contatto con il passato mitologico poiché durante
questo “lamento” viene seguito il sentiero ancestrale mentre vengono elencati i
nomi propri. La falsa idea generale che la ritualità femminile abbia a che
vedere solo con il mondo del quotidiano, come ci suggerisce Richard Moyle:
Il contenuto narrativo del awulya [il termine delle cerimonie
femminili della popolazione Alyawarra del centro Australia, N.d.T.] si concentra
intorno ad un gruppo di esperienze più personali e mondane - raccogliere e
preparare il cibo, osservare e commentare il paesaggio, osservare il
comportamento degli animali. […] I personaggi della narrativa awulya non sono
considerati antenati, né le azioni sono avvenute in un lontano indefinito
passato.

è il risultato di indagini basate su ricerche limitate e
molto spesso troppo androcentriche.
5.4.2 Le tematiche
delle canzoni
L’importanza
delle canzoni dipende anche dagli argomenti trattati all’interno dei testi, le
tematiche sono le più disparate e tutte, comunque, si riferiscono ad aspetti
fondamentali dell’universo mondo naturale e sociale. Il ruolo predominante della
canzone all’interno della società aborigena è sancito dall’importante legame che
la stessa ha con la sfera religiosa

e con gli attori di questa dimensione
rituale, l’identificazione con i progenitori ancestrali all’interno
dell’esecuzione musicale e coreutica è un momento necessario per il passaggio di
quel potere che, come abbiamo visto, si dimostra essere uno degli elementi
portanti della cultura indigena. Il potere che si può esercitare anche sugli
elementi naturali, oltre che sugli uomini, è una diretta eredità della potenza
del proprio antenato totemico. La canzone assume in questo luogo un ruolo
fondamentale di scambio di qualità dal mondo del Tempo del Sogno al quotidiano
vissuto, è garante di un passato e di un futuro che si ripeteranno - il
paradosso si risolve all’interno del circolo virtuoso - in eterno fino a quando
saranno cantati nel modo giusto, anche per questo gli aborigeni sostengono che
anche nelle loro esecuzioni non inventano nulla ma seguono quello che il Sogno
ha stabilito.
Nella sua monumentale opera “Songs of Central Australia”,
Theodor Strehlow analizza le diverse tematiche trattate all’interno delle
canzoni, questi argomenti descrivono al meglio tute le caratteristiche delle
società, i loro rapporti interni e la loro relazione con la sfera del
sacro.
Canzoni contro le malattie e per la salute: sono componimenti
per proteggersi da eventi naturali come i morsi di serpenti o soprannaturali
come malie o fatture causate da altri uomini. Il potere che questi versi
possiedono è dato direttamente dal fatto che la loro composizione è
originariamente imputata ai progenitori ancestrali stessi e non agli uomini.
L’esecuzione di queste canzoni è imputabile a uomini-medicina che hanno una
vasta conoscenza del repertorio musicale totemico, tanto che possono, previa
autorizzazione, afferire a diversi antenati totemici ed ai loro poteri per
curare persone che non appartengono al proprio gruppo totemico. La figura
dell’uomo-medicina è particolare all’interno della società aborigena perché il
potere che gli è concesso non deriva integralmente dall’identificazione con un
antenato specifico, ma piuttosto dalla successione di poteri e conoscenze che
gli provengono da uomini-medicina più anziani.
Canzoni per ferire i
nemici: il potere può essere usato per distruggere un avversario, spesso
nell’etnografia si trovano canzoni e miti che fanno riferimento al desiderio di
sangue dei progenitori ancestrali, non è raro trovare scene di massacri
all’interno di queste narrazioni, gli stessi antenati spesso combattono tra
loro. Canzoni eseguite durante le cerimonie per l’incremento totemico:
queste sono tra le esecuzioni più importanti di tutto il sistema rituale
aborigeno.
Abbiamo già sottolineato nei capitoli precedenti l’importanza
della produzione continua di fertilità di quei luoghi e quelle specie che per
definizione stessa sono forieri di vita; dentro al circolo virtuoso queste
canzoni sono i propulsori che alimentano il movimento continuo del sistema. Come
ci riferisce Strehlow:
queste cerimonie di incremento sono
invariabilmente accompagnate dal canto di speciali canzoni, senza le quali le
azioni simboliche dei riti sono destinate ad essere assolutamente inefficaci.

Il legame che l’abitante indigeno ha con la terra è in costante
evoluzione, comunque è sempre di rispetto e devozione. L’organizzazione rituale
dei siti sacri è sicuramente in relazione alla produzione economica, il tabù
totemico di cibarsi della specie di appartenenza ha risvolti produttivi oltre
che spirituali, l’istituzione del “walkabout” ossia il periodico vagabondare
all’interno del proprio paese nasce da esigenze conoscitive e normative del
territorio.

Durante queste cerimonie l’interazione di canto, musica e danza è
molto importante, altresì fondamentale è la divisone dei compiti, solo soggetti
sociali ben definiti hanno il diritto-dovere di eseguire questi rituali, sono i
possessori del sito totemico e della canzone ad esso correlata, le
reincarnazioni dell’antenato ancestrale. I testi di questi componimenti si
riferiscono alle specie animali e vegetali come appaiono nella stagione di
massima abbondanza, si ritiene che i versi contengano gli stessi nomi propri con
i quali gli antenati si riferiscono a piante e animali del loro totem, e
attraverso la ripetizione di queste frasi sacre nell’atto dell’esecuzione dei
tradizionali rituali, il potere fertile dei progenitori si trasferisce sulla
natura. Seguiamo l’esempio etnografico registrato da Strehlow che ci parla dei
piccoli bulbi che si formano alla fine delle sottili radici delle piante
ereakura.

Questi bulbi sono un elemento importante nella dieta in tutte le aree
dell’Australia centrale, dove i letti limacciosi o sabbiosi di certi fiumi
vengono periodicamente inondati durante le abbondanti piogge. I bulbi che si
sviluppano su queste radici vengono prelevati quando le estremità fiorite delle
piante cominciano ad appassire. Il terreno viene scavato con dei contenitori di
legno ovali e il prodotto commestibile è separato attraverso un’attenta
setacciatura che avviene ponendo il vaso sopra la testa e agitandolo al vento di
modo che la terra se ne vada lasciando i bulbi nel recipiente.
Che
la chioma fiorita degli innumerevoli steli inclini la sua testa sempre più verso
il basso
Le sottili radici si stanno ramificando e si intrecciano ovunque
Come dita stanno ramificando e si intrecciano ovunque.
Con le teste
abbassate, quelli tengono [i loro vasi] in alto; Con le teste che pendono da una
parte, quelli tengono [i loro vasi] in alto;
Con le teste abbassate,
quelli tengono [i loro vasi] in alto; Una foresta di lance sta tenendo [i vasi]
in alto.

Nei versi che abbiamo citato sopra gli attori principali
sono gli antenati totemici che sono “quelli” che raccolgono i bulbi, ma anche le
stesse piante che forniscono il cibo. I bulbi vengono raccolti nel momento in
cui le teste dei fiori guardano “verso il basso” e “pendono da una parte”, ossia
appassiscono, ma anche le teste dei raccoglitori sono rivolte al terreno per
evitare la polvere che si forma dallo scuotimento dei vasi che contengono la
terra. E ancora: le piante vengono descritte nel tempo della raccolta, ossia nel
momento della loro massima produzione, il rituale della canzone che descrive nel
suo testo un momento di tale abbondanza vuole assicurarsi una continua e
abbondante produzione. La stessa abbondanza che è presente nel testo che
descrive altre specie totemiche come il canguro:
Il grasso attorno
all’intestino è molto ricco, Il grasso attorno all’intestino è molto abbondante.

o l’emù:
Tra le ruvide pietre calcaree stanno spargendo le loro
uova ovunque: Fertili sono i loro ovidotti!

Le canzoni
commemorative che ricordano le gesta degli antenati totemici: questi brani
si possono ritrovare in diversi casi all’interno di cerimonie di iniziazione,
funerali e in tutte quelle occasioni in cui viene ribadita l’identità del
gruppo. Queste singole canzoni unite in un ciclo sono annoverate tra le
espressioni più importanti del rituale aborigeno e sono altresì validi strumenti
per la diffusione della cultura e della conoscenza. Un intero ciclo di canzoni è
condiviso molto spesso tra diversi gruppi attraverso paesi differenti lungo
tutto il corso del cammino ancestrale dell’antenato. Usualmente le canzoni
commemorative hanno per soggetto la descrizione del progenitore in questione,
dei suoi siti, dei segni che ha lasciato lungo il corso del suo spostamento,
delle azioni che ha fatto e delle specie animali o vegetali associate al suo
totem. Nel testo trovano spesso spazio anche riferimenti al terreno come sede
prima e ultima del antenato, per questo spesso vengono usate frasi in cui
vengono descritti movimenti da e verso la terra.
Le canzoni delle
iniziazioni: in questo repertorio sono compresi brani che descrivono i riti
iniziatori come direttamente derivati dagli antenati, la simbologia dei testi fa
molti riferimenti al sangue, all’interno delle canzoni usualmente non si
riscontrano riferimenti in merito allo scopo igienico delle operazioni
effettuate. Le iniziazioni, solo maschili in tutto il continente, prevedono la
pratica della circoncisione - ugualmente diffusa - e quella della subincisione

tradizionalmente presente solo nel centro-sud Australia. Il sangue è per questo
un elemento presente nel corso di questi riti. Esso è associato all’idea di
fertilità e di vita, per questo nel corso delle cerimonie viene offerto al
terreno, o strofinato su rocce che si ritengono essere dimora degli
antenati.

Canzoni per controllare gli agenti atmosferici: una dei
poteri più importanti che si ritengono possano essere acquisiti dagli uomini
dopo l’iniziazione è quello di controllare il tempo. Questo potere assume una
grande importanza, come ci spiega Strehlow, particolarmente in un’area come il
centro Australia dove le precipitazioni piovose sono rare, imprevedibili ed
estremamente variabili.

Le possibilità di controllo si riferisce a venti,
pioggia, ma anche al sole dove cerimonie di incremento vengono eseguite per
garantirsi una costante e buona irradiazione. Questo potere, come in altri casi,
proviene degli antenati che, nelle storie ancestrali hanno spesso interagito con
i fenomeni atmosferici. È il caso di Tjirinjata che per vendetta scatenò una
tempesta - secondo un mito delle popolazione della parte meridionale del
territorio Aranda:
L’antenata Tjirinjata si spostò verso un centro
totemico lontano dove le donne locali si rifiutarono di macinare i suoi semi con
le loro pietre, notte dopo notte Tjirinjata era cacciata dalle donne, per questo
decise di prendersi la sua rivincita. Riunì tutti i venti dell’inverno e li
gettò con grande furia sulla terra, sulle donne e sui fuochi. Nella confusione
generale Tjirinjata macinò i suoi semi e raccolse la sua borsa di pelle con
tutta l’acqua della pozza dell’antenato locale e se ne andò.

Canzoni sulla bellezza umana e sull’amore: questi due tipi
di esecuzioni sono in stretta correlazione; la lode delle qualità fisiche di
bellezza di una persona - che possono essere collegate ai più disparati
attributi sia propriamente fisici che ornamentali - è collegata alle altre
espressioni di amore che i due sessi si scambiano nei brani di altre canzoni. La
prestanza, l’audacia e l’abilità nell’uso delle armi, ma anche nella pratica
musicale stessa, sono argomenti a lungo percorsi nelle espressioni celebrative.
Anche nel mito si possono ritrovare argomenti a carattere amoroso, anche se la
parte erotica del racconto quasi raramente è quella predominante. Ad alcuni
esseri ancestrali è attribuito un grande appetito sessuale e i racconti delle
loro avventure vengono descritti senza metafore allusive; del resto spesso ci
siamo trovati di fronte a racconti cruenti in cui i particolari che descrivevano
massacri con grandi spargimenti di sangue non erano certo ignorati. L’amore e la
sessualità sono argomenti che le popolazioni aborigene trattano sempre con
grande franchezza nei racconti leggendari e nelle canzoni stesse, mentre, per
contro, su questi temi a tutt’oggi non sono stati svolti che pochi
studi.

Canzoni di affetto per il Paese: all’interno di tutte le
espressioni musicali analizzate questa è una di quelle che investe più
intensamente la sfera emotiva dell’uomo aborigeno. L’amore per il proprio paese
considerato uno tra i sentimenti - forse anche il sentimento - più importante
dalle popolazioni indigene. Come abbiamo visto nel capitolo precedente,
l’identificazione con il paesaggio del proprio Paese e con le sue conformazioni
geologiche è totale, lo stesso corpo è stato definito come un pezzo del
paesaggio, la stesa carne è divisa con la propria patria. Il sentimento di
affetto e di appartenenza ha mosso e continua tutt’oggi a muovere la protesta
per i diritti di autodeterminazione delle popolazioni autoctone - come abbiamo
visto nel secondo capitolo. La nostalgia nel caso in cui ci si dovesse trovare
lontani dalla propria terra è un’emozione fortissima nei cuori degli indigeni
australiani. La descrizione che gli indigeni danno della loro patria in queste
canzoni segue dei dettami emozionali, non è impersonale o dettagliata come lo
potrebbe essere una cartina topografica, ma si connota sentimentalmente facendo
entrare in gioco la qualità stessa della storia mitologica relativa a qui posti.
Così un luogo può essere pauroso, memore di tragedie avvenute lì mentre un altro
è allegro, teatro di eventi felici. In più i versi di questi brani risultano,
sotto certi aspetti, molto importanti per la vita culturale delle popolazioni.
La localizzazione di siti totemici che fungono da magazzino per oggetti sacri,
permessa da una dettagliata descrizione, è una componente fondamentale delle
canzoni sacre e uno strumento per la comunicazione della conoscenza agli
iniziati.
Come abbiamo potuto vedere dalla descrizione delle tematiche
fondamentali presenti all’interno delle canzoni aborigene, la pratica musicale
ricopre ogni argomento di una qualche importanza all’interno della cultura della
popolazione stessa. Le singole canzoni con i vari argomenti si uniscono in cicli
di canzoni che descrivono le gesta degli antenati totemici. Allora all’interno
di questi cicli si potranno trovare brani di esecuzioni che descrivono il
paesaggio, altri che cantano le gesta dei padri fondatori, e altri ancora che
permettono il controllo delle condizioni atmosferiche. Lungo la strada percorsa
il progenitore si è prodotto in una serie di azioni, ha lasciato un insieme di
segni che vengono oggi descritti dai suoi discendenti, il cammino ancestrale è
oggi ripercorso dall’uomo che in quei sentieri trova la descrizione di tutte le
caratteristiche di cui è formata la sua stessa cultura. Il ciclo totemico
cantato è una delle espressioni rituali attraverso la quale l’uomo entra in
contatto con il Tempo del Sogno, è il momento in cui egli si identifica
completamente nei sui mitici predecessori.
5.4.3 I cicli totemici
delle canzoni
Per una
adeguata comprensione di questi cicli cantati si deve porre in primo luogo
l’attenzione al ruolo che la mitologia assume all’interno della pratica
musicale. Il mito è quasi totalmente pervasivo nella produzione musicale
aborigena, gli argomenti più importanti delle canzoni, come abbiamo sottolineato
nel paragrafo precedente, sono quelli che riguardano i progenitori ancestrali,
le loro azioni e il loro viaggio. Musica e mito insieme creano significati,
organizzano la percezione del mondo esterno, stabiliscono categorie conoscitive
della realtà. L’importanza dei progenitori totemici è di primo rilievo,
l’identificazione con loro è totale, il corpo dell’uomo partecipa di quello del
suo antenato, le sue gesta sono ripetizione di quelle avvenute nel Tempo del
Sogno. La storia del mito diventa allora parte della vita stessa dell’uomo e per
questo il testo della canzone non può che ripercorrerne le tappe. La struttura
del mito, come abbiano visto nel precedente capitolo, è formata da più eventi
ognuno dei quali associati con una particolare azione dell’antenato totemico.
Queste azioni si collegano a loro volta con posti determinati nelle quali sono
accadute. Con la stessa forma si presenta il ciclo totemico delle canzoni: ogni
singola canzone racconta di un determinato avvenimento correlato ad un posto e
tutte insieme ripercorrono l’intero cammino del progenitore ancestrale. Dei
versi cantati lungo tutta la canzone si potrebbe disegnare una mappa, seguendo
l’ordine temporale degli avvenimenti e quello spaziale dei luoghi interessati.
Il termine ciclo non è mai stato tanto appropriato in riferimento a queste
particolari composizioni musicali. Fondamentale è anche sottolineare il fatto
che queste canzoni appartengono ai gruppi degli antenati totemici a cui si
riferiscono, gruppi che hanno anche particolari relazioni con le terre che
vengono descritte nel racconto.

Riportiamo un ciclo di canzoni descritto dal suo
stesso “proprietario” e registrato da Stephen Wild:
Lo spirito-agente
insegnò ad Abe le canzoni come se essi stessero seguendo le strada a cui le
canzoni si riferivano. Il ciclo di canzoni comincia a Ngawantji vicino a
Linnekar Creek, da lì si sposta in un posto chiamato Palangayi e successivamente
a Inverway. Da Inverway va a Nongra Lake, dove lo spirito-agente guardò gli
alberi bloodwood

e cantò di loro. Da qui si spostò a trenta miglia ad ovest di
Hooker Creek dove lo spirito-agente vide in distanza alcune nuvole e cantò di
loro. […] Poi viaggiarono fino a KuRutja, che è un sito del Sogno della pioggia
che appartiene ai Gurindji, ai Mudbura e ai Walbiri. Allora viaggiarono fino a
Top Spring, e poi nord lungo la strada per Katherine. Lo spirito-agente si fermò
dopo venti miglia sulla strada in una pozza d’acqua chiamata kamatji e cantò di
lei. Dopo questo viaggiarono verso nord, verso le acque salate, a
Darwin.

Il paese di appartenenza può essere attraversato da
moltissime strade totemiche e non necessariamente tutte si riferiscono al
proprio antenato, la commistione di gruppi che viene a crearsi all’interno di
una determinata area facilita enormemente la possibilità di scambi. Inoltre,
come abbiamo evidenziato sopra, la stessa strada totemica può essere condivisa
da gruppi di aree diverse. Il sistema organizzativo del mito australiano è
simile ad una fitta rete di intrecci e la ritualità musicale che ogni gruppo ha
instaurato al suo interno permette continui scambi attivi tra i gruppi. È questa
la caratteristica fondamentale del sistema totemico-rituale aborigeno
australiano. Un paese non risulta mai limitato nei confini spaziali di
stanziamento delle proprie popolazioni e questo perché dall’interno di esso
escono linee totemiche di viaggio che possono essere a tutti i diritti seguite
dai loro proprietari, e, per lo stesso motivo, all’interno della propria area
sono presenti altre linee ancestrali. Tutto questo si può comprendere osservando
lo schema che segue:

Questo schema è preso da Richard Moyle, Alyawarra Music. Song
and society in a central Australian community, Australian Institute of
Aboriginal Studies, Canberra, 1986, pag. 47.
I confini determinati
da queste linee non sono divisori, ma sono confini che uniscono. I cicli di
canzoni descrivono tutte queste strade e questi avvenimenti mettendo in
relazione diversi posti e differenti popolazioni, ma oltre a questo svolgono un
importante ruolo formativo. Parte fondamentale di questa educazione risiede
anche nelle danze che accompagnano lo svolgimento delle canzoni, sono esibizioni
coreutiche che si basano sul testo dell’esecuzione musicale, i progenitori
vengono imitati con particolari gesti caratteristici e viene altresì mimata
l’azione che essi hanno compiuto in un particolare luogo. Come per l’espressione
musicale anche questa viene imparata per imitazione, i giovani del gruppo, fin
da una tenera età, si uniscono alle danze seguendo i passi dei più grandi.

Nell’insieme di elementi che compongono un’esecuzione rituale ve ne è un altro
di uguale importanza: il disegno. Ogni ciclo totemico porta con se anche
l’espressione grafica dell’antenato di cui si occupa. Stilizzazioni o
idealizzazioni delle sue forme o delle sue orme, entrano a pieno titolo
nell’esecuzione della cerimonia. Spesso canzoni eseguite da donne hanno luogo
proprio durante i preparativi attraverso i quali il corpo degli attori
principali del rito viene ricoperto con motivi totemici particolari. In generale
la simbologia del segno è sempre molto presente nel rituale aborigeno. Sia che
siano aperte o chiuse queste cerimonie assolvono perciò a diverse funzioni
importanti all’interno della comunità: impartiscono un’importantissima
educazione alle persone che ne vengono in contatto. Descrivono specie animali e
vegetali culturalmente ed economicamente importanti nello loro caratteristiche
principali e nel loro ambiente ecologico, danno precise indicazioni
sull’ubicazione di luoghi sacri ed importanti, raccontano la storia della
propria gente, forniscono precetti comportamentali utili all’evoluzione del
comportamento sociale. In pratica la musica è un grande istituzione educatrice e
le canzoni sono i maestri impiegati in queste operazioni. La mitologia trova la
sua massima espressione nella canzone, il mito è trasferito nella pratica
rituale e prende forma nelle danze a lui associate.
In conclusione di
questo paragrafo citeremo parti di una canzone delle popolazioni del territorio
Aranda del nord che fa riferimento al mito dell’antenato Bandicoot Karora che
abbiamo citato nel capitolo terzo.

Descrizione della pozza d’acqua
Ilbalintja e del progenitore ancestrale bandicoot
Karora che nel Tempo del
Sogno emerse dalle sue profondità.
L’abitante della buca
profonda;
Dalla buca profonda sta emergendo in tutta la sua
grandezza!
Il compagno dell’erba ilbalba;
Dalla buca profonda sta
emergendo in tutta la sua grandezza!
Egli mette insieme un palo;
Lo
arrotola insieme anello dopo anello!
L’amico dei ragazzi viola;
Dalla
buca profonda sta emergendo in tutta la sua grandezza!
Il suolo cremisi
stride sotto i suoi calcagni;
La sabbia bianca del torrente stride sotto i
suoi calcagni!
Bianca sabbia del torrente!
Impenetrabile
rifugio!

Ricco suolo giallo!
Impenetrabile rifugio!
Rosso e
arancio suolo!
Impenetrabile rifugio!
La descrizione della caccia
dei bandicoot a Ilbalintja.
Stanno rovistando nel loro nido,
Nella
fitta erba arabera, nella fitta erba arabera.
Stanno uscendo dal loro
nido,
Stanno tutti uscendo.
I bandicoot stanno tutti correndo
nell’erba,
Dentro e fuori dai loro nidi stanno tutti correndo
nell’erba.
Arcuando i loro piccoli artigli stanno raccogliendo
l’erba;
Con le zampe a forma di palla stanno raccogliendo l’erba.
Ci
sono cumuli su cumuli di formicai;
Ci sono miriadi e miriadi di formiche nei
formicai.

Il nome dell’antenato Karora
Il grande antenato
Karora
Sta guardando intorno con attenzione.
Il grande antenato, alto
e con spalle ampie;
Il grande antenato, orgoglioso della sua forza!
Il
grande antenato orgoglioso della sua forza;
Il grande antenato con i suoi
guizzanti muscoli!
Il grande antenato orgoglioso della sua forza;
Il
grande antenato sta badando alla sua
casa!

5.5 Interconnessione
di testo, ritmo e melodia: la comunicazione delle
similitudini
La narrazione
mitologica ha un ruolo di primo riguardo all’interno della composizione
musicale, si potrebbe asserire anzi che essa sia la caratteristica portante
della pratica rituale indigena, per questo motivo l’elemento fondamentale della
canzone risulta essere il testo. La complessità del racconto delle azioni degli
antenati ha un risvolto ulteriore se si considera la narrazione sotto diversi
aspetti. Come accade in altri ambiti della cultura indigena, anche la
comprensione del testo avviene su più livelli, così quella che appare una
semplice azione in relazione al territorio ad un livello di conoscenza più
profondo può rivelare particolari che sono tenuti nascosti ai non iniziati. Il
testo è allora spesso metafora di più intensi significati che solo gli uomini
che ne hanno diritto possono comprendere, il potere che è insito nella canzone
deve essere trasmesso solo a determinate figure sociali del gruppo e il primo
livello di esposizione del racconto è una facciata che nasconde dietro il vero
significato del rituale. Come ci spiega Ellis:
In una canzone
segreta del cerimoniale femminile il testo si riferisce a due emù che viaggiano
sul letto di un fiume. Il primo livello di significato è quello essoterico,
descrive semplicemente la scena. Il secondo livello di significato è erotico e
viene solamente compreso solo da un sesso; presuppone infatti che le donne
impegnate in questa esecuzione sapessero che i due antenati fossero Donne Emù e
che esse stavano tentando di attrarre gli uomini. Il terzo livello è esoterico,
e sarà compreso solo dai più sapienti del gruppo, in questo caso le esecutrici
sapevano che cantando questo verso, in questo punto della cerimonia, stavano
nominando e ricevendo il potere del sito sacro che apparteneva alle due Antenate
Emù.

Tuttavia non si deve generalizzare poiché spesso il testo
significa proprio quello che dice; la smania di spiegazione dell’etnografia è
spesso fuori luogo nella cultura aborigena australiana, già in altri casi ci
siamo trovati di fronte alla realtà della metafora dove camminare ai bordi del
ruscello significava letteralmente muoversi nelle vicinanze di un corso d’acqua.
Il peso che il testo ha all’interno della composizione musicale è fondamentale,
ma ai fini dell’esecuzione rituale e della struttura stessa della canzone deve
essere visto in connessione con altri due elementi altrettanto importanti: ritmo
e melodia.
A questo punto della nostra analisi dobbiamo scendere nella
vera essenza della pratica rituale musicale, quel particolare rapporto tra le
sue parti costituenti che rende possibile la comunicazione tra i diversi gruppi:
l’interconnessione di testo, ritmo e melodia. I rapporti tra i gruppi di una
stessa linea totemica sono un punto fondamentale nella cultura indigena
australiana, per questo l’intero corpus musicale si è sviluppato in questo
senso. La comunicazione è resa possibile proprio dalla peculiare relazione che
intercorre tra i diversi elementi del sistema: testo, ritmo e melodia veicolano
di per se stessi informazioni fattuali, ma la loro unione crea un’ulteriore
peculiarità all’interno del sistema. Si forma una connessione delle strutture
ritmico-melodiche particolarmente riconoscibile, comprensibile da diversi gruppi
totemici. Tutto questo si può riscontrare in quella particolare forma esecutiva
che è la canzone piccola, ossia una brano musicale in cui viene narrato un
particolare avvenimento che riguarda usualmente un progenitore ancestrale.
Questo brano fa parte di un intero ciclo totemico, definito “canzone grande” nel
quale vengono passate in rassegna tutte le azioni compiute dall’antenato nel
Tempo del Sogno. Nella canzone piccola si può riscontrare la costante
associazione di un particolare modello ritmico con un testo cantato ben
determinato e con linee melodiche di volta in volta riconoscibili, questa
interconnessione rende possibile la comunicazione tra i diversi gruppi indigeni.
Le azioni compiute da un antenato usualmente si snodano per un territorio che,
date le notevoli distanze, risulta “di proprietà” di differenti gruppi totemici,
gli stessi riferimenti ai medesimi soggetti sono raccontati con dialetti - anche
con lingue - diverse tra loro e per questo incomprensibili. La comunicazione
risulterebbe difficoltosa se non entrasse in gioco la peculiare costruzione
ritmico-melodica di cui abbiamo parlato sopra. Un determinato modello ritmico è
associato al racconto che descrive un antenato ben definito e viene riconosciuto
anche ad una notevole distanza dall’area in cui è stato prodotto. La variazione
melodica all’interno di un ciclo di canzoni identifica l’entrata in campo di un
antenato diverso da quello precedentemente cantato. L’andamento melodico,
strettamente legato alla poetica del testo, rimane stabile anche nel caso di un
cambiamento di altezze. L’elemento base analizzabile è la frase musicale più
corta che si può riscontrare all’interno di ogni testo; la successione più o
meno estesa di questi segmenti melodici crea particolari aree melodiche che
vengono conservate lungo tutta l’esecuzione del brano e che per la loro
peculiarità si connotano come appartenenti ad un antenato piuttosto che a un
altro. L’ampiezza di queste aree melodiche sembra essere l’elemento
discriminante. Questo particolare modello melodico attraversa i confini tribali,
per questo nel caso in cui un esecutore conosca il profilo melodico della
canzone e segua l’iniziativa dell’esecutore principale di modo che assimili il
metro del testo, può unirsi nell’esecuzione di una canzone che non aveva mai
sentito prima. Questa comunicazione non avviene solo grazie alla struttura
melodica del verso, anche la componente ritmica associata al testo ha un ruolo
importante, anzi quasi primario potremmo dire. Come ci informa Ellis: “il ritmo
può portare informazioni fattuali” e questo grazie al fatto che ci si riscontra
“una fissa associazione tra il particolare testo di una canzone e un particolare
modello ritmico.”

L’interconnessione è così stretta che spesso gli esecutori
comprendono lo specifico significato della canzone dal ritmo del testo prima che
dalle parole dei versi. La qualità ritmica dell’esecuzione appare davvero così
importante tanto che secondo Ellis la stessa melodia e il testo sono legati tra
loro, e per questo assumono una qualità ben definibile - attributo di
identificazione - attraverso particolari segmenti ritmici.

“Ogni misura ritmica
in una canzone aborigena australiana è di tipo musicale”

con queste parole
Strehlow ha voluto ribadire il concetto da noi sopra esposto, il segmento
ritmico è la base fondante della canzone sia dal punto di vista strettamente
musicale - ognuno di essi di presenta come unità singola che ha una
“consistenza” propria, tanto che può essere intonato o cantato - che da quello
culturale poiché nella fusione con testo e musica crea una area melodica
caratterizzante e facilmente riferibile ad un antenato particolare. I due
elementi fondamentali - area melodica e struttura ritmica - si fondono insieme
al testo nella composizione ed esecuzione di ogni verso, e, oltre, di ogni
singola canzone e ciclo di canzoni. L’organizzazione della cultura indigena si
rispecchia nell’intrecciarsi di queste strutture singole che formano un sistema
in cui l’influenza dei vari elementi permette il continuo sviluppo del sistema
stesso. Per meglio spiegare questo fenomeno, riscontrabile nella stessa “essenza
musicale” della pratica rituale, lo analizzeremo sotto il punto di vista
musicologico e per fare questo ci avvarremo degli studi di Catherine Ellis.
Nella citazione che segue vengono descritti gli elementi fondamentali del
sistema e la loro interconnessione.
Testo della canzone
Il
testo di ogni canzone piccola consiste in poche parole, raggruppate in distici.
Ogni verso contiene un’idea basilare.
Ritmo e testo
Una
canzone piccola, dura approssimativamente trenta secondi. Il suo testo è
normalmente ripetuto quattro o cinque volte. I segmenti ritmici dividono il
testo, ogni volta che è ripetuto, in quattro sezioni più piccole. Il modello
ritmico è usualmente quella quantità di musica necessaria per presentare
l’intero testo una volta. È la più piccola frase ritmica usata ripetutamente e
ciclicamente, senza alterazioni. Non è mai più corta di un segmento ritmico, né
più lunga del testo di una canzone.
Modelli ritmici e segmenti
ritmici
C’è un’associazione fissa tra il particolare testo di una
canzone e un particolare modello ritmico. Parlare di un testo implica aspetti
verbali e ritmici. Nella canzone piccola questi due devono essere ripetuti un
numero di volte necessario a completare la forma melodica. L’associazione tra il
testo della canzone e il modello ritmico rimane costante. Un segmento ritmico
usualmente contiene un quarto del testo di una canzone, ma i segmenti possono
essere di durate diverse. Anche quando sono della stessa durata possono
contenere un numero differente di cellule ritmiche. Un modello ritmico può
essere della stessa lunghezza di un segmento ritmico, nel qual caso i due
termini sono sinonimi; può occupare una linea del testo, (due segmenti); o può
occupare l’intero testo (quattro segmenti). Il ritmo può portare informazioni
fattuali. Ho incontrato, nell’esperienza sul campo, esecutori che potevano
capire lo specifico significato della canzone dal ritmo del testo tanto dal
momento che il ritmo e il testo veicolavano la stessa informazione. Ho avuto la
riprova di tutto questo quando ho registrato una lunga canzone totemica del
Tempo del Sogno che attraversava diversi confini tribali e ne ho fatto ascoltare
un pezzo ad un cantante che viveva in un’area situata più a nord e che non
conosceva il dialetto della perfomance eseguita. Egli sosteneva continuamente
che una particolare canzone piccola udita nella registrazione si riferiva ad una
collina d’argilla e che la conosceva piuttosto bene. Lui traeva queste
conclusioni sulla base di informazioni ritmiche e non linguistiche, infatti non
conosceva il testo della canzone perché era diverso dal suo e non comprendeva il
diverso dialetto. Allo stesso modo, la velocità dell’esecuzione era diversa e
così anche lo stile del canto. Ciò che le due versioni avevano in comune era lo
stesso modello ritmico.
Interconnessione di strutture - musica e
significato
I modelli ritmici sono legati permanentemente con uno
specifico testo di canzone. Da ciò risulta che il solo ritmo può veicolare lo
stesso significato del testo al quale è legato. Un modelli ritmico è composto da
segmenti ritmici più corti che vengono ripetuti più volte. (Questo è conosciuto
tecnicamente isoritmo.) Spesso il modello ritmico è della stessa lunghezza del
testo (il quale ugualmente va ripetuto più volte per completare una canzone
piccola) ma qualche volta è molto più corto, di modo che è necessario ripeterlo
più volte per completare il testo. Un particolare modello ritmico è composto
dalle stesse cellule ritmiche che sono alla base di altri modelli, spesso metà o
l’intero modello ritmico (e il suo testo) è ripetuto nella canzone piccola
successiva formando così un legame tra un’idea e l’altra. Questo rende possibile
la comunicazione di più idee simultaneamente. Per esempio, in qualsiasi punto
della cerimonia il disegno dipinto sul corpo del danzatore può avere uno
specifico significato (per esempio, “casa”) e il testo della canzone con il suo
modello ritmico associato può averne un altro (per esempio la descrizione di un
viaggio). Se esistono legami ritmici con la canzone seguente anche in concetti
di quest’ultima vanno sottintesi. […] Il modello ritmico e il testo della
canzone si possono riferire direttamente ad un evento della storia, e
indirettamente ad altri. Il disegno del corpo dei danzatori può avere un
ulteriore significato. I passi di danza, che sono legati alla struttura musicale
attraverso l’accompagnamento ritmico, possono descrive un’altra parte di
informazione, mentre gli stessi attori della cerimonia rappresentano la
personalità acquisita a seconda del disegno e dei colori che portano sul corpo.
La melodia, allo stesso modo, indica la natura degli eventi che avvengono
durante la cerimonia e ricorda continuamente l’essenza, il “gusto” del
progenitore ancestrale a cui si riferisce il rituale.
Melodia e durata
È attraverso i segmenti ritmici che la melodia e il testo sono legati
assieme. Ogni contorno melodico, che copre la lunghezza della canzone piccola,
ha tre principali sezioni. La prima sezione identifica le principali note più
alte; la seconda sezione contiene la discesa melodica; la terza sezione
identifica la nota finale. C’è una relazione fissa tra i segmenti ritmici di
ogni canzone piccola e la seconda sezione della melodia. Questa cruciale sezione
melodica di mezzo generalmente occupa quattro segmenti ritmici.

Per
una maggiore chiarezza di quanto riportato sopra, qui di seguito proponiamo lo
schema che la stessa Catherine Ellis mette in compendio nella sua
opera.

Schema tratto da Catherine Ellis, Aboriginal Music, Education
for Living. Cross-cultural experiences from South Australia, University of
Queensland Press, St.Lucia, 1985, pag.110.
Nel riassunto grafico
sopra esposto possiamo rinvenire tutte le peculiari costruzioni
ritmico-melodiche di cui abbiamo parlato nelle pagine precedenti. La canzone
piccola è caratterizzata dalla triplice divisione della sue sezioni melodiche le
quali contengono a loro volta due modelli ritmici ben caratteristici. Questi
modelli sono composti da quattro segmenti ritmici che, come abbiamo visto sopra,
si legano particolarmente alla sezione centrale della melodia e al testo della
canzone. È questa particolare sezione che si connota come l’elemento particolare
di unitarietà e di possibile comprensione interculturale che caratterizza il
sistema musicale indigeno. Le frecce all’esterno del quadrato introducono
un’altra tematica di cui abbiamo già lungamente parlato: l’unione di presente
vissuto e di passato ancestrale nel tempo e nel luogo del rito.
In
sostanza il punto fondamentale che si voleva evidenziare si può cogliere nella
seguente citazione.
Nelle lunghe canzoni totemiche che raccontano
degli antenati del Tempo del Sogno, la melodia attraversa i confini tribali e
segue l’antico viaggio dei progenitori. Non è facile identificare i punti
essenziali dell’esecuzione di una canzone in diverse aree e dire senza
esitazione che è stata usata la stesa melodia. Sembra però che
l’interconnessione di tre o quattro segmenti ritmici del testo con la sezione di
mezzo della melodia, l’incipit della quale è identificato con un respiro e con
un innalzamento del profilo melodico, fornisca la chiave per il riconoscimento
di questo movimento melodico essenziale si identifica come “lo stesso” ma
“differente”.

L’identificazione di queste costanti ha aperto un
nuovo campo di indagine agli studiosi, un nuovo orientamento d’indagine ha preso
in considerazione il vero senso della frase indigena più volte riscontrata
nell’etnografia: “lo stesso ma leggermente diverso”.

Questa è una nozione
centrale della conoscenza aborigena, diversi gruppi si considerano spesso uguali
proprio in virtù di antenati totemici comuni. La localizzazione sulla stessa
rotta seguita dal progenitore ancestrale è indice di questa uguaglianza, e la
particolare struttura connettiva sviluppata dal sistema musicale ne è chiara
testimonianza.
L’analisi svolta fino a questo punto ha evidenziato una
fondamentale caratteristica della cultura aborigena australiana ossia
l’importanza che la dimensione rituale musicale assume nell’organizzazione
stessa delle strutture primarie della società. Il sistema è infatti organizzato
secondo un’interconnessione di strutture che permette la perfetta “convivenza” e
l’alimentazione reciproca di musica e significato, in un sorta di unione la cui
efficacia “meccanica” è simile ad un ingranaggio. Ancora Catherine Ellis ha
sapientemente trasferito in forma grafica questa organizzazione e la possiamo
osservare nel seguente schema.
Schema preso da Catherine Ellis, Aboriginal Music. Education
for Living Cross-cultural experiences from South Australia, University of
Queensland Press, St. Lucia, pag.95.
La ruota della musica presenta
al suo interno le componenti che abbiamo analizzato in precedenza: melodia,
composizione ritmica, i denti dell’ingranaggio rappresentano i modelli ritmici
basilari di cui abbiamo discusso nelle pagine precedenti che sono poi la base
per l’esecuzione stessa della musica ma anche le qualità di riconoscimento di
una particolare linea totemica della canzone. La ruota del significato
ugualmente ha al suo interno elementi importanti che, appunto, si caricano di
significati diversi a seconda del contesto nel quale sono inseriti. La danza e i
disegni rituali eseguiti nel corso delle cerimonie sono due tra i motivi più
forti nella produzione di un’identità personale e di gruppo. I denti che
rappresentano il testo delle canzoni sono gli elementi che all’esterno
traspaiono allorquando si crea un racconto che può assumere valenze diverse a
seconda del diverso livello di conoscenza a cui si ha accesso. Non è un caso che
modelli ritmici e testo scritto rappresentino il punto di congiunzione dei due
gruppi “propulsori” - musica e significato - presenti in ogni espressione
rituale indigena. La rappresentazione di questa struttura in un grafico che
ricorda un ingranaggio è un’ulteriore testimonianza dell’importanza della azione
reciproca che le strutture in gioco sviluppano tra loro. Tutta la cultura e la
società aborigena australiana si concepisce ed è concepita come un sistema in
cui vi è un continuo scambio di informazioni ed elementi tra i vari soggetti in
azione, scambio che permette una continua alimentazione di tutte le parti, e
tutto questo appare chiaro ed evidente nel sistema rituale musicale che della
società tutta è la massima espressione.
5.6 La dimensione
sociale della musica
La dimensione
musicale comprende, come abbiamo potuto constatare, diversi campi tematici
fondamentali della cultura aborigena australiana, tra questi la dimensione del
sociale risulta essere un cardine del cerimoniale rituale, sia visto da un punto
di vista interno che esterno. Internamente - emicamente - la socialità è
giustamente considerata come una costante dell’esecuzione musicale poiché lungo
lo svolgimento delle cerimonie più soggetti sociali entrano in contatto dando
vita a importanti relazioni fondamentali per la attiva convivenza di tutto il
gruppo. D’altra parte, anche ad uno sguardo etico, appare tutta l’importanza
della dimensione sociale della musica poiché nell’esempio della pratica rituale
vengono riconosciute, pure dall’esterno, le modalità di identificazione
mitologica con un antenato ancestrale, processo che dà luogo alla costituzione
del gruppo sociale stesso. La dimensione sociale si può perciò leggere su più
livelli all’interno della pratica musicale rituale: quello più diretto di
semplice constatazione degli equilibri del gruppo - rispecchiati nel diritto di
esecuzione di una canzono piuttosto che un’altra - e quello che appare ad una
seconda e più approfondita analisi e cioè una sorta di trascendenza che porta
ancora una volta l’uomo aborigeno al contatto con una dimensione mitologica che,
nonostante abbia i suoi fondamenti nell’astratto Tempo del Sogno, è sempre
fisicamente bene presente nel mondo del reale. Allo stesso modo, e come vedremo
nei prossimo paragrafi, possiamo riconoscere questa ambivalenza al corpo, poiché
esso è sia strumento di esecuzione fisica nel cerimoniale musicale indigeno, che
tramite tra le due dimensioni temporali dell’universo aborigeno. Si pone cioè
come punto di comunicazione e di identificazione con gli esseri mitici poiché
nelle sue stesse carni è iscritta la storia dell’antenato totemico, e per
contro, quello che è il corpo del progenitore, fisso in un’eternità
geomorfologica è esso stesso fonte di vita e di energia continua per la fisicità
umana. La pratica rituale musicale allora si pone come importante mezzo di
interpretazione-descrizione, una sorta di finestra aperta sul mondo delle
relazioni fisico-sociali della società aborigena All’interno della cerimonialità
vengono descritti i rapporti che intercorrono tra i diversi soggetti sociali e i
gruppi di appartenenza, e sono sancite una serie di regole che permettono una
maggiore e meglio organizzata coesione sociale. Nello spazio dell’esecuzione
rituale si crea una sorta di riproduzione dell’intero universo indigeno, un
luogo in cui vengono a contatto aspetti del passato mitico e del presente
vissuto, prescrizioni ed istruzioni comportamentali dettate dagli stessi
progenitori ancestrali prendono forma sotto vari aspetti, canzoni e danze
raccontano e sanciscono anche le regole di vita collettive. Una delle
caratteristiche principali della pratica musicale aborigena è quella delle
autorità e della proprietà delle canzoni. Solo chi possiede la canzone ha il
diritto di cantarla. Questo diritto si estende anche ad altri aspetti della vita
comune: i siti narrati dal testo della canzone sono di uguale importanza e per
questo vengono posseduti appunto dal gruppo che ne vanta diritti sull’uso, in
realtà la canzone descrive al meglio il rapporto di appartenenza che lega l’uomo
alla propria terra, relazione che è regolata da norme ben precise, come nel caso
del diritto a cantare un determinato brano. Una serie di queste regole è data da
Moyle in un suo articolo:
Ci sono persone di cui si dice che
possiedono una canzone; è da queste persone che gli altri membri della comunità
vanno per avere il permesso di cantare le loro canzoni. Le persone che
possiedono le canzoni possiedono anche le cerimonie nelle quali le canzoni
vengono eseguite. Le canzoni nelle cerimonie hanno dei testi che si riferiscono
ad eventi e a gente del Tempo del Sogno; in ogni caso questi eventi sono
localizzati in specifici siti nominati, la maggior parte dei quali sono
conosciuti ancora oggi. I possessori della cerimonia possiedono anche i siti
associati ad ogni mito del Tempo del Sogno. L’insieme di miti posseduti dai
membri della stessa linea paterna di discendenza coprono tratti del territorio
che i membri reclamano come propri. In sostanza, chi possiede le canzoni
possiede la terra.

Un fattore di massima importanza come è quello
della proprietà del territorio è compreso all’interno della sfera musicale.
Questo sta a sommo esempio di come l’universo che stiamo analizzando in questo
capitolo non sia puramente limitato alla “esecuzione artistica” o
“intrattenitiva” come potrebbe esser per una cultura occidentale, ma assume un
grado di importanza pari, se non maggiore, ad altre istituzioni cardine. La
musica accompagna ed incorpora le manifestazioni più importanti, determina e
descrive nelle sue regole un mondo che va ben oltre quello dello specifico e
tecnico della esecuzione.
Le canzoni e le danze sono forme centrali
del segno del Tempo del Sogno, e con la loro esecuzione i Walbiri commemorano la
storia del loro universo, e allo stesso modo si assicurano la continuazione del
potere creativo del Tempo del Sogno. Gli esecutori delle canzoni e delle danze
si identificano con gli antenati totemici e con le tradizioni culturali
perpetrate dai loro antenati genealogici. Il rituale Walbiri, che include musica
e danza, è la celebrazione di una dimensione senza tempo.

E,
aggiungeremo noi, di un’organizzazione sociale che proprio dal quell’era mitica
prende spunto. L’eternità presente del Sogno è manifesta nella canzone e nelle
danza. Come abbiamo visto sopra, la ritualità musicale è dispensatrice di alti
valori all’interno della comunità indigena, tra questi l’identità. La stretta
relazione che intercorre tra un uomo, i suoi antenati e la terra in cui vive è
descritta nella sua interezza e con un precisione inimitabile nella canzone e
nelle pratiche rituali ad essa associate. Come abbiamo visto già il diritto di
eseguire una cerimonia ed i suoi canti è un primo testimone dell’appartenza ad
una determinata area, nonché una tradizione che vede i propri antenati come i
padri fondatori - plasmatori - di quella terra. Ogni gruppo totemico ha i propri
antenati e le proprie canzoni ad essi associate, riconoscere nei versi e nella
struttura melodico-ritmica dell’esecuzione la “propria storia” è il primo passo
per la formazione di un’identità che si tramanderà lungo il corso degli anni E
se di identità personale abbiamo parlato nelle righe precedenti non potremmo
dimenticare l’identità di gruppo anch’essa “amministrata” all’interno di cicli
di canzoni.
Queste serie di canzoni seguono le piste del Sogno dello
spirito antenato lungo numerosi siti, usualmente attraversando l’interno
tradizionale paese Walbiri e oltre. Queste serie di canzoni viaggianti possono
anche essere possedute da particolari gruppi di discendenza i cui siti sono
lungo le piste, dividendo la proprietà con le altre linee di discendenza i cui
siti sono su diversi segmenti della pista. Queste piste del Sogno intersecano il
tradizionale paese Walbiri entrando in contatto in molti punti e creando una
rete di legami spirituali tutti i gruppi di discendenza della società Walbiri.
Considerato il corretto status rituale e l’appropriato sesso, ogni Walpiri può
cantare ogni canzone alla condizione che il possessore anziano della serie di
canzoni, o il “boss” o il leader della cerimonia sia presente e dia il suo
tacito od esplicito accordo.

La proprietà è condivisibile, la
comunanza di una stessa linea sonora qualifica il gruppo con una identità
sociale molto coesa: lo scambio di cerimonie e con esso di informazioni, i nuovi
legami - anche matrimoniali - instauratisi sono il risultato di una
comunicazione resa possibile attraverso quel tramite organizzativo che è la
dimensione musicale della cultura stessa. Un’ulteriore sfera del sociale
compresa all’interno della sonorità indigena è quella relativa alla conoscenza.
Come abbiamo evidenziato già in precedenza, l’esecuzione di cerimonie rituali
musicali, aperte o chiuse che siano, è occasione di produzione e trasmissione di
conoscenza: nei testi delle canzoni sono descritte le caratteristiche
dell’ambiente naturale, la storia del gruppo fin dai tempi mitologici, le
fondamentali regole di vita. Questa conoscenza fa anch’essa parte del
particolare sistema a più livelli della cultura indigena, è per questo
suscettibile di un’interpretazione che si basa sulla maggiore o minore
comprensione degli eventi stessi. Nella pratica musicale trovano posto tutti
questi livelli interpretativi di modo che una canzone presenta, pur nella sua
unica versione, più gradi di comprensione e diversi significati che si allineano
a quelli più o meno profondi di conoscenza.
5.7 Il potere
amministrato
Le canzoni
manifestano il potere del mondo ancestrale nei legami che si instaurano nel
presente tra le realtà spirituali e quelle fisiche. I significati delle canzoni
sono analogie che connettono la gente con i posti.

Il brano
sopracitato è un efficace riassunto delle tematiche fino a questo punto trattate
e ne introduce un’altra - anch’essa precedentemente analizzata - a cui è
doveroso fare riferimento qui dove si sta discutendo di come la pratica musicale
intersechi ed influenzi profondamente la cultura da cui è originata. Il luogo
della pratica musicale, nelle sua forme espressive più comunitarie, è sede
dell’amministrazione di quella grande forma di energia che è il potere. Come
abbiamo visto in precedenza l’autorevolezza di una canzone o di una cerimonia
deriva direttamente dalla potenza che dal passato mitologico arriva fino al
presente vissuto, attraverso l’esempio sempre visibile dei progenitori
ancestrali e delle loro gesta. Nella pratica musicale vi è una descrizione di
queste azioni, l’identificazione con un antenato totemico e per questo il
passaggio del potere da questi spiriti agli uomini. Un articolo di Von Sturmer
si occupa specificatamente dell’argomento, il potere è inteso secondo due
direttive:
La prima ha a che fare con il potere della canzone/canto
di produrre certi effetti; la seconda a che vedere con il legame tra la
proprietà e il controllo e quello che potremmo definire come potere personale,
cioè potere concepito come qualcosa con cui gli individui sono in stretta
relazione grazie alla possessione/proprietà/controllo di determinato potere.

Possedere una canzone e poterla eseguire implica essere in possesso
anche - oltre che della terra, già rilevanza di non poco conto - anche del
potere legato allo spirito citato nel testo del brano eseguito. Questo potenza
acquisita diventa uno status di autorevolezza all’interno della comunità. Il
“semplice potere” di cui abbiamo parlato nel capitolo precedente si espande in
ogni aspetto della cultura e la pratica musicale ne è sicuramente un testimone
di primaria importanza. Identità, proprietà e controllo sono soggetti tematici
che necessariamente hanno a che fare con il potere e la sua amministrazione. La
cerimonialità nella sua espressione musicale sancisce e sviluppa questi concetti
attraverso una ritualità definita che base la sua stessa esecuzione sulla
nozione di potere come autorevolezza nell’esecuzione e diritto nella proprietà
di un determinato ciclo di canzoni. Il potere e l’autorevolezza che ne consegue
sono tra i primi e più importanti elementi che vengono messi in discussione
nella pratica esecutiva musicale, i soggetti rituali di cui accennavamo sopra -
cantanti, musicisti - sono fortemente influenzati dalla nozione di potere e dal
suo sviluppo all’interno della comunità. Il potere in questi casi si accompagna,
e gestisce, eventi che “definiscono o ridefiniscono la posizione degli attori
sociali l’uno di fronte all’altro”.

5.8 La
performance
Nel sistema
della pratica rituale musicale, come abbiamo visto sopra, rientrano, vengono
descritte ed argomentate tutte le peculiarità della cultura indigena
australiana. Relazioni sociali tra gruppi, mitologia del passato,
amministrazione del potere e prescrizioni comportamentali vengono regolate e
trasmesse ai giovani durante le principali occasioni cerimoniali. Da tutto
questo possiamo facilmente dedurre che il momento dell’esecuzione rituale abbia
un grande valore all’interno della comunità; in effetti, come andremo a vedere,
nello spazio della performance vengono a confluire tutti gli elementi formatori
del cosmo: musica, corpo e danza, racconto mitologico, espressione
grafico-pittorica, paesaggio e Legge, si uniscono nell’esecuzione rituale per
creare quella che abbiamo chiamato sin dall’inizio: cultura aborigena.
5.8.1 Il posto della
perfomance: il luogo del mito
L’esecuzione è
il luogo dove tutte le peculiarità e le caratteristiche del corpo e della
socialità entrano in contatto e si rendono manifeste. Il corpo, “strumento
sonoro”, con tutti i suoi limiti e la socialità organizzata della ritualità
musicale trovano massima espressione nell’atto dell’esecuzione. All’interno
dell’universo organizzato dell’esecuzione musicale esistono dei punti che
determinano spazialmente e qualitativamente lo svolgimento stesso della
performance e indicano nelle loro caratteristiche l’essenza stessa della pratica
musicale. Tra queste ancora una volta risalta il posto - unità di base del
paesaggio. Come abbiamo visto nel capitolo precedente, la storia narrata dal
paesaggio totemico deve essere interpretata, è necessario uno stadio intermedio
tra il quotidiano vissuto e il tempo del mito. Questo momento avviene nella
performance ove viene sancito il legame tra il passato mitologico e il presente.
L’esecuzione è “un’esibizione nel tempo presente di una riserva creativa senza
fine,”

un momento talmente importante da essere, come ci suggerisce Faulstich,
necessario.
Il paesaggio inteso come un testo, allora, ha bisogno
non solo di una struttura, ma anche di un discorso. Il paesaggio Warlpiri ha
bisogno di essere letto, e non ha significato al di fuori di questa lettura. È
compreso come il risultato delle azioni delle entità del Sogno. Le leggi e gli
altri principi strutturali sono formulati attraverso le azioni ancestrali e sono
codificate nella topografia del luogo. Il paesaggio è quindi l’organizzazione
delle attività mitologiche in senso geografico. Questo testo del paesaggio è
continuamente creato attraverso un dialogo in cui i Warlpiri contemporanei sono
gli attori, esecutori in accordo con il Sogno.

Il sito di esecuzione
è molto importante sia perché viene scelto secondo criteri precisi, sia perché
lungo lo svolgimento della cerimonia il posto inteso come luogo della
performance trascende la sua natura e si trasforma in un luogo mitologico,
spesso una serie, che si manifesta man mano che il testo della canzone narra di
nuovi avvenimenti ancestrali. Anche non prendendo in considerazione un
particolare esempio etnografico, l’importanza del posto di esecuzione di una
manifestazione musicale risalta subito agli occhi, è una costante della nostra
organizzazione sociale, come ci suggerisce Stokes:
L’evento musicale,
dalle danze collettive all’atto di mettere una cassetta o un cd in un
apparecchio, evoca e organizza memorie collettive e esperienze presenti del
posto con una intensità, un potere e una semplicità non raggiungibili da nessun
altra attività sociale. I ‘posti’ costruiti attraverso la musica portano con
loro nozioni di differenza e di confini sociali. Organizzano anche gerarchie di
ordine politico e morale. In questo particolare processo di rilocazione, i
posti, i confini e le identità coinvolte sono di ordine ampio e collettivo.
L’idea che la musica simbolizzi confini sociali può sembrare un punto di
partenza ovvio per un approccio antropologico alla musica. Gli etnomusicologi,
con gli antropologi, oggi sono molto meno orientati verso l’idea strutturalista
che la performance rifletta semplicemente i modelli culturali e le strutture
sociali. Musica e danza non riflettono semplicemente. Piuttosto forniscono i
mezzi attraverso i quali le gerarchie del posto sono negoziate e trasformate. La
musica non fornisce semplicemente il segno in un spazio sociale precostituito,
ma piuttosto i mezzi attraverso i quali questo spazio può essere trasformato.

Il brano sopracitato focalizza un punto molto importante
dell’esecuzione musicale ossia il potere di negoziazione che si sviluppa
all’interno di una performance rituale. Questa è una delle caratteristiche più
importanti della pratica cerimoniale. Abbiamo già visto come il diritto di
esecuzione di una particolare canzone sia uno dei punti fondamentali
nell’analisi delle componenti sociali della pratica. Per questo ancora maggiore
attenzione bisognerà porre sui particolari soggetti coinvolti. Chi canta, chi
suona, in che posizione si pongono i vari musicisti, come si sviluppa l’ordine
di esecuzione, questi sono tutti elementi che sono regolati da una precisa
gerarchia sociale che viene concessa, ribadita e negoziata proprio nell’atto
della performance musicale, come si evince dalla citazione
seguente.
Nemmeno due versi della canzone Djambidj sono uguali
nell’esecuzione. Il cantate ha un repertorio di frasi musicali e di testo
diverse per ogni soggetto a disposizione dalle quali sceglie secondo certe
regole e modelli operativi consolidati. Il suonatore di didjeridu segue i
segnali del cantante, così i danzatori dal capo della danza, mentre quest’ultimo
e il cantante si rispondono con un’interazione più complessa e
eguale.

Il rapporto che intercorre tra pubblico ed esecutori è un
altro punto interessante da prendere in considerazione. Si crea un rapporto di
potenza nel quale entrambe le parti si propongono come attori principali,
l’equilibrio tra la produzione e la ricezione della musica è anch’esso da
considerarsi all’interno della dimensione sociale, e per il resto si basa anche
su percezioni emozionali di entrambe le parti, come ci suggerisce Ellis:
Gli esecutori sono influenzati nella loro espressione dal pubblico.
Gli esecutori e l’uditorio possono avere diverse impressioni sulla comunicazione
intrinseca della performance. Questo accade quando gli esecutori falliscono nel
comunicare il messaggio contenuto nella musica stessa. Molti esecutori sono
consapevoli delle reazioni del pubblico durante lo svolgimento stesso della
performance e variano la loro esecuzione in base a queste sensazioni. Il
programma dell’esecuzione è molto importante, le sensazioni suscitate possono
essere completamente diverse allorquando lo stesso programma è eseguito in un
ordine differente.

Il rapporto tra esecutori e pubblico perciò è
tutt’altro che passivo, si basa su uno scambio reciproco. Questo viene
complicato ulteriormente se oltre ad una voluta ed organizzata comunicazione
formale si aggiunge una comunicazione “sotterranea” basata sulla differente
comprensione degli elementi eseguiti. Come al solito nella performance i canali
di comprensione sono stratificati e gli importanti segreti rituali sono compresi
da coloro che, essendo più anziani ed autorevoli, hanno accesso ad un grado di
conoscenza più profondo. E non bisogna scordare il fatto che questi canali di
comunicazione oltre che stratificati sono anche multipli, danza, musica e testo
interagiscono tutti in uno stesso spazio, e come ci suggeriscono Clunies Ross e
Wild “devono essere considerati come un’entità totale e non semplicemente
separati come elementi singoli.”

Questo significa, ancora una volta, che
un’analisi completa ed accurata della ritualità indigena dovrà prendere in
considerazione tutti gli aspetti sotto un’ottica globale: bisogna sviluppare sì
una competenza sistematica dei vari elementi in gioco, ma alla fine queste
analisi devono essere necessariamente considerate olisticamente come facenti
parte di un tutto che non può essere scisso.
5.8.2 I disegni nella
performance: il riassunto del
Sogno
Per i
Warlpiri l’arte è un’estensione della mitologia e del paesaggio. Dà espressione
a realtà non osservabili (il Sogno) in termini di fenomeni osservabili (la
terra). Per i Warlpiri il paesaggio è ricco di storia sacra che diventa viva ed
entra nella coscienza collettiva attraverso il mito, il rituale e
l’arte.
Il brano sopra descrive adeguatamente l’importanza che
l’espressione grafico-pittorica assume all’interno della cultura indigena, in
più, nel luogo dell’esecuzione rituale, essa si presenta come uno dei momenti
fondamentali, strettamente legato all’espressione musicale e a quella coreutica.
Durante le cerimonie, mentre vengono cantati i nomi e le azioni dei progenitori
ancestrali, i partecipanti sono impegnati in diverse forme di espressioni
grafica: dai disegni sulla sabbia, a quelli su corteccia, alla pittura corporea,
importante segno di identificazione con il proprio antenato totemico. Dipingere
il corpo degli esecutori è parte stessa della cerimonia. L’importanza di questa
pratica è ben descritta dal brano seguente.
I disegni sono forme di
senso che sono in contatto con il corpo. […] I disegni sono forme sociali
esterne all’individuo che però sono a contatto con il corpo. Per contrasto, le
immagini del Sogno, da cui derivano i disegni, sono esperienze private,
racchiuse nel corpo, all’interno della coscienza individuale. I disegni
possiedono la potenza del Sogno in forma sociale.

La forma
“privata” dell’immagine dell’antenato totemico che ogni individuo ha dentro è
resa pubblica nel disegno, che assume un valore sociale. Ancora una volta
attraverso il corpo, pur passivamente, le caratteristiche più importanti della
cultura aborigena vengono esteriorizzate.
5.8.3 Il corpo nella
performance: l’interprete del
mondo
Il corpo è
protagonista nella pratica musicale, la sua presenza è fortemente riscontrabile
in diversi aspetti: dall’esecuzione - che richiede una grossa quantità di
energia ed impegno fisico, alla composizione stessa delle musiche rituali. I
ritmi incalzanti della maggior parte delle composizioni indigene richiedono un
grosso impegno fisico nell’esecuzione musicale di strumenti a percussione quali
gli idiofoni. La voce poi è speso sottoposta a consistenti sforzi dati dalla
particolare tecnica di emissione vocale, lo stesso didjeridu è uno strumento
suonato da uomini nel pieno vigore delle loro facoltà fisiche e viene
abbandonato con il procedere dell’età, motivo principale di questa fatica è dato
dal particolare sforzo a cui è sottoposto il muscolo del diaframma. Tutte le
“difficoltà” a cui il corpo è sottoposto nella pratica musicale aborigena
influenzano l’esecuzione e la composizione stessa del corpus musicale. Le frasi
della canzoni solitamente durano una trentina di secondi, con un intervallo in
mezzo per permettere la riacquisizione delle energie perse. Le composizioni
musicale tengono conto delle possibilità respiratorie degli esecutori. Ma si può
anche argomentare a favore di una organizzazione musicale che si basa sin
dall’inizio sulle conformazioni fisiche corporee. In un articolo Richard Moyle
si spinge verso un’interessante ipotesi che vede la costituzione del doppio
battito ritmico nell’area centrale del continente come una diretta derivazione
della pulsazione cardiaca. Le relazioni tra esecuzione musicale e corpo sono
molto strette:
I commenti che i Kukatja [popolazione del centro
Australia, N.d.T.] esprimono circa le loro stesse esecuzioni concernono i loro
stessi corpi e tendono a focalizzare nello stomaco (tjurni) il centro delle
sensazioni.

Anthony Peile una volta mi disse che una vecchia donna
Kukatja a Balgo era stata sentita dire ‘Sento il sangue [battere] nella mia
testa’ dopo avere presenziato ad un’esecuzione canora.

Anche nella
mitologia si fa riferimento al ruolo del corpo nella performance:
Un
episodio del locale Sogno vede uno stesso personaggio mitico cantare
vigorosamente, in uno stile che i cantanti Balgo tendono ad emulare nelle
esecuzioni dei rituali pubblici che incorporano questo mito. Riferito in terza
persona, il testo di una canzone descrive l’episodio notando che il cuore del
personaggio del Sogno stava ‘battendo velocemente mentre cantava’, un
riferimento che le popolazioni Balgo interpretano positivamente come indicazione
di forza fisica.

Moyle si spinge oltre verso una teoria che prevede
appunto l’influenza delle caratteristiche fisiche umane - in questo caso il
cuore - nella composizione stessa di una nuova figura ritmica. Nell’area del
centro Australia il più comune accompagnamento ritmico è un singolo battito, in
alcuni casi però si può riscontrare la presenza di un sdoppiamento: singoli
battiti irregolarmente accentati che sono suonati con una durata dimezzata
rispetto agli originari, ossia al doppio della frequenza. Analisi ritmiche sulla
diversa durata dei due impulsi hanno evidenziato come il risultato della
proporzione tra il primo battito e l’intero segmento vari tra 0,50 e 0,25, per
una media di valori di 0.375. Moyle ha operato successivamente della
comparazioni che lo hanno fatto giungere ad una conclusione:
La
registrazione del battito umano, fornita dalla Facoltà di Medicina
dell’Università di Auckland, apparteneva ad una giovane donna “a riposo” per la
durata di sei minuti. Il suo battito non era assolutamente costante ma aumentava
momentaneamente quando cambiava di posizione. Questi aumenti comunque,
cambiavano solo la frequenza del battito, mentre la proporzione delle durate
rimaneva costante. Il suo ritmo variava tra 0.34 e 0.46 con una media di 0.37
che si è veramente vicino al 0.375 che si è riscontrato nell’accompagnamento
ritmico in questione.

Le caratteristiche fisiche corporee
influenzano in un modo nuovo la composizione musicale, a priori determinano la
nascita di nuove figure ritmiche. Nella pratica rituale musicale il corpo si
esprime con tutta la sua fisicità nell’identificazione con gli antenati
totemici, quando diventa il tramite tra il mondo del quotidiano vissuto e il
tempo mitico del Sogno. Tutto questo si può riscontrare nella danza, come ci
spiega Franca Tamisari.
Dopo alcuni mesi di pratica in pubblico e di
errori, finalmente sentii di aver imparato a danzare con gli altri e per gli
altri nell’occasione di un funerale di un parente stretto della famiglia. Avendo
smesso di pensare a quello che stavo facendo il mio corpo divenne “una
consapevole forza d’azione” (Ness 1992:5) che, spinta dalla musica, cominciava a
guidare i miei progetti motori. Se in un primo momento avevo sentito questa
nuova consapevolezza corporea come un potente senso di sollievo fisico, una
sorta di leggerezza corporea, questo improvviso risveglio presto si trasformò in
un’incontenibile energia gioiosa che sembrò riempire il divario spaziale e
temporale tra me stessa e gli altri esecutori ed i partecipanti seduti. Mentre i
musicisti intensificavano il canto portando la cerimonia al suo climax quando
nomi propri ancestrali vengono cantati, appaiono gli oggetti sacri e danze
coreografiche vengono eseguite, tutto era una sola cosa, il mio corpo si
espandeva per incorporare gli altri corpi in movimento attorno a me, alla musica
e alle immediate vicinanze. Io diventai altro e l’altro era incorporato in me
stessa, un’esperienza che in sol colpo cambiò la mia consapevolezza portando con
se una trasformazione della relazione spazio-temporale con gli altri. Danzare
perciò non è solo una forma di espressione personale o di intrattenimento, né
solo una maniera in cui imparai il simbolismo dei movimenti e la loro relazione
semantica con i testi delle canzoni. Molto più significativamente la danza è
imparare una tecnica corporea o “l’arte di usare il corpo umano” (Mauss
1979:101) che, formando la base di una “comprensione empatica” (Jackson
1989:135), mi ha educato a comprendere il senso intersoggettivo della
performance Yolngu. Fu la mia partecipazione alle danze che mi permise di
percepire e capire come la conoscenza, incorporata nella terra, può essere
esperita, rivelata, negoziata ed amministrata nell’esecuzione. Danzare, come
direbbero gli Yolngu, è mantenere la Legge, conoscere il paese e, nelle
cerimonie funebri, mostrare l’amore per il defunto e per la sua
famiglia.

Sul corpo, come abbiamo già visto nei capitoli precedenti,
agiscono più forze simboliche di interpretazione. I colori e i disegni rituali
che vengono apposti sulla pelle hanno la funzione di rendere per quanto
possibile il corpo dell’uomo uguale a quello del progenitore. Il corpo viene
usato attivamente nella produzione di una serie di movimenti che ricordano sia
il comportamento dell’essere mitico che quello dell’animale ad esso associato, e
anche “passivamente” come una sorta di tela sulla quale vengono disegnate le
piste da percorrere in questo cammino reiterativo della ritualità dei
progenitori. Come attore attivo e passivo nella ritualità il corpo ricopre un
ruolo di primo livello nell’organizzazione musicale cerimoniale aborigena, è
l’interprete di tutte le tematiche principali della stessa cultura aborigena.
Nel corpo passa e si rende manifesta l’intera ontologia indigena: avvenimenti
ancestrali e luoghi mitici sono disegnati sul corpo come una mappa, gli antenati
totemici e le loro azioni sono riattualizzate nell’esecuzione corporea rituale;
il corpo è strumento di verifica della realtà.
5.9 Unitarietà del
sistema musicale e conclusione
Quello che si è
andato evidenziano lungo il corso di questo capitolo è la caratteristica
principale del sistema rituale musicale degli aborigeni australiani ossia la sua
forte unitarietà. Più determinazioni concorrono alla sua composizione: musica,
danze, canti, espressioni grafico-pittoriche, eppure il sistema va preso in
considerazione come una sola entità. Questo perché tutti gli elementi che lo
compongono si fondono in uno. Cantare senza musica o accompagnamento ritmico non
avrebbe senso, e così dipingere senza udire le storie degli antenati totemici.
La stessa narrazione delle azioni di un particolare progenitore è unica anche
attraverso differenti territori e paesi e così è il sistema di comprensione
della canzone a lui associata, come abbiamo visto nel Paragrafo 5.5. Lo stesso
circolo virtuoso, con il quale è stata più volte descritta la peculiarità della
cultura indigena, è un sistema unico che trae alimento dalle forze motrici al
suo interno.
Questi esempi confermano ancora una volta come la cultura
della popolazioni aborigene australiane sia in effetti un sistema dinamico,
unico e autoriproducentesi il cui impulso gli proviene da due principali
elementi: il corpo e il paesaggio. Questi sono non soltanto i pilastri del
quotidiano vissuto, ma si pongono anche come referenti per la comprensione del
mitico Tempo del Sogno. Durante tutta questa esposizione ci siamo preoccupati di
sottolineare come corpo e paesaggio costituissero i due poli ai quali riferirsi
nell’analisi delle caratteristiche principali del mondo indigeno, volevamo
spiegare l’apparente paradosso di frasi come “Io sono il mio paese” o “Il paese
è il mio corpo” più volte riscontrate nella letteratura. Per questo siamo
partiti da un’analisi sulle principali motivazioni che spingono le popolazioni
indigene alla rivendicazione delle proprie terre, processo storico spesso teatro
di dure lotte e sempre in evoluzione. Abbiamo imparato l’importanza della terra
per la vita della cultura aborigena e il forte sentimento di appartenenza che
lega gli abitanti di una determinata area al proprio territorio, nel Capitolo
Secondo abbiamo narrato il corso dell’evoluzione dei Land Rights, nei suoi
principali avvenimenti (Caso Yirrkala e Caso Mabo) e delle principali
istituzioni governative (Native Title Act) a favore degli indigeni australiani
sviluppatesi soprattutto dagli anni sessanta ad oggi. Nel Capitolo Terzo abbiamo
descritto le principali caratteristiche di quella che a ben vedere si può
chiamare Ontologia aborigena, un complesso sistema di regole e prescrizioni
basate sulla “comunicazione” tra passato ancestrale e quotidiano vissuto. In
seguito, nel Capitolo Quarto, attraverso un’analisi delle principali opere
dell’etnografia australiana contemporanea e quelle di un recente passato, e le
teorie fenomenologiche di Edward Casey e Yi-Fu Tuan, abbiamo dato corpo alla
nostra dissertazione su corpo e paesaggio come soggetti principali della cultura
indigena, trovando poi una conferma a quanto avevamo esposto nell’esempio
etnografico del Capitolo Quinto sulla performance nella pratica rituale
musicale. Il corpo si fa interprete del mondo perché su di esso vengono
tracciate le linee di quel paesaggio ancestrale che definisce il cosmo indigeno,
diventa esso stesso il protagonista del racconto mitologico durante la
performance musicale e coreutica, impersonificando gli antenati totemici. Corpo
e paesaggio si definiscono a vicenda in un rapporto formatore che descrive nei
suoi tratti salienti l’intera cultura aborigena
australiana.