Ciao a tutti amici soffiatori, il 30 Giugno ho avuto il privilegio di partecipare come fotografo accreditato alla prima edizione del “Paris Didgeridoo & Percussion Festival”, un’occasione unica che mi ha permesso di unire l’attività fotografica alla mia grande passione: la musica, e naturalmente il didgeridoo!! Per quasi un decennio infatti, prima di convertirmi alla fotografia, ho donato anima e corpo alla musica, suonando pianoforte, synth e campionatori in varie band.
Oggi voglio rendervi partecipi di questo evento che spero possa diventare negli anni una consuetudine, come qui in Francia è già il festival di Airvault.
Il Paris Didgeridoo & Percussion Festival si è svolto in un clima di festa e gioia collettiva nella storica sala del Bataclan, tempio sacro parigino della musica riconosciuto non solo in Francia ma a livello internazionale. La vecchia struttura in legno, dall’acustica curata nei minimi dettagli, ha trasformato a tratti la sala in un immenso didgeridoo le cui vibrazioni hanno risuonato e rimbalzato da una parete all’altra penetrando nelle nostre teste in maniera ipnotica e terribilmente piacevole…
Tutti i gruppi presenti si sono dimostrati all’altezza dell’evento, regalandoci un ascolto molto eterogeneo del didgeridoo, a 360°. Ma entriamo subito nel vivo della kermesse francese:
Ad aprire le danze è stato lo svizzero Matthias Müller che si è esibito per 90minuti in solitaria (come al suo solito), senza basi sequencer e accompagnato solamente dai suoi didgeridoo. Un’ottima scelta iniziare con Matthias, poichè ha subito proiettato il pubblico nella dimensione didgeridoo. Matthias si è esibito alternando tecniche moderne a tecniche più tradizionali. Ha eseguito brani in crescendo, passando da parti lente eseguite a soffio quasi impercettibile a riff veloci e sfrenati che hanno infiammato la platea. Ha valorizzato il suono puro del didgeridoo, permettendo un ascolto inusuale grazie all’acustica del Bataclan. Il momento di maggiore intensità è stato l’esecuzione di un suo nuovo brano eseguito con un un didge che non aveva mai impiegato fino ad allora dal vivo, e che si era riservato per occasioni di questo tipo. Un didge a nota bassa (sarà stato un sol o un fa) il cui suono ci ha avvolti facendoci vibrare dai capelli alla punta dei piedi. Ho avuto difficoltà a tenere ben salda la macchina fotografica in mano!
Secondo a scendere sul palco è stato l’organizzatore dell’evento, Raphael Didjaman, pioniere del didgeridoo in Francia, artista eclettico, già da alcuni anni impegnato in progetti interartistici mirati a fondere la cultura e il suono del didgeridoo con le altre forme di arte. In questo momento Didjaman sta portando in scena un progetto che confluirà nella registrazione di un album (e forse di un dvd) previsto per la fine dell’anno. Utilizzando un didgeridoo a forcella per avere a disposizione più note (Cool, e con il supporto di un pianista, un percussionista (tabla) e 2 coriste, Raphael ha fatto da sottofondo a diversi attori, cantanti e artisti affermati in Francia che hanno recitato e intepretato le poesie più celebri del grande Arthur Rimbaud, mentre diversi ballerini si alternavano in coreografie e danze, in singolo o in coppia. Un progetto davvero interessante reso ancora più accattivante dai canti delle coriste che in alcune parti richiamano i canti tribali delle tribù sudamericane. Lo spettacolo è stato assicurato e il pubblico ha ricambiato con applausi a scena aperta.
Subito dopo Didjaman è stata la volta dei Drum’n Didge di Sly, un mix ben preparato di didgeridoo e percussioni che ha fatto danzare il pubblico per un altra ora circa. Nella loro musica, i riff veloci ed alaborati di Sly si amalgamano preziosamente con i ritmi del batterista, il cui sound spazia dalla dance al fusion. I 2 hanno alle spalle oltre 10 anni di attività insieme, l’affiatamento è risaputo…
A seguire ci sono stati i Secret Vibes, o forse sarebbe meglio dire le Secret Vibes, essendo la band composta da 3 donne un uomo. Molto new age nell’abbigliamento (costumi e trucco tra psichedelico e indiano d’america con tanto di piume!), si sono esibiti in uno spettacolo di 90 minuti Trance-Electro, con sequencer e campionatori gestiti dall’unica presenza maschile, Lutin Des Bois. Tra le 3 donne spicca il nome di Adèle, già figura importante del movimento didge francese. Adèle si è divisa tra il didgeribone, tra il suo fedele legno con cui siamo siamo abituati a vederla in giro per le piazze parigine, e tra lo schiacciapensieri. Molto brava Cendre Osmoza (la cantante) la cui voce eterea è capace di esprime all’occorrenza una potenza non indifferente. Mylène invece si è divisa tra differenti tipi di flauti, tra l’ocarina e i cori. Sebbene il genere del gruppo non sia tra i miei preferiti e io preferisca Adèle in solitaria (ritengo che all’interno delle Secret Vibes le sue reali capacità esecutive siano limitate dal genere musicale) non posso non riconoscere i meriti di questo gruppo, da oltre 13 anni in attività in Francia e nel mondo intero (contano concerti in mezza Europa, in Africa, Asia e Canada).
Ma arriviamo al gruppo che più di tutti mi ha entusiasmato: I Djemdi, provenienti da Grenoble. Ammetto la mia ignoranza, non li conoscevo (mi auto-frusto…). Sono rimasto impressionato dalla potenza live di questa band. Il suono è cupo, profondo, forte e ipnotico, reso ancora più pesante dall’idea di accostare ai suonatori di didgeridoo la figura di un bassista-didgeridoo player. ll basso, suonato in 3 maniere diverse (pulito, fortemente distorto, e ad accordi spesso anch’essi distorti), raddoppia la profondità delle frequenze basse donando al gruppo una linea ben precisa: non trovo per nulla azzardato associare il loro sound a quello nientedimenoche dei TOOL, ascoltate brani tipo Grenat, Indigo o Pourpre e mi darete conferma. A rendere ancora più elaborato il loro sound ci pensa l’impiego di un Vocoder, di un synth virtual-analog e di un pad programmato come campionatore. Insomma… un gruppo assolutamente da non perdere se dovesse passare dall’Italia e da tenere in considerazione in caso di festival o eventi legati al mondo del didgeridoo.
Con l’esibizione dei Djemdi mi ritenevo ampiamente soddisfatto e il festival avrebbe anche potuto concludersi così. Invece è stato il turno di Guem che con i suoi percussionisti ha definitivamente sfinito il pubblico. Guem non ha bisogno di presentazioni. E’ uno dei simboli del percussionismo a livello mondiale, ha calcato ogni palco possibile e immaginabile ed ha all’attivo oltre 30 album! La sua esibizione è stata una festa, nonostante l’età e i 40anni di carriera è ancora una bestia da palco…Salta, gioca, balla, suona ma soprattutto diverte.
In conclusione mi sento di dire che il primo festival di didgeridoo a Parigi è stato un evento veramente ben riuscito e ben organizzato. L’arma vincente è stata da un lato l’eterogeneità delle band che si sono esibite, dall’altro la qualità impeccabile dell’audio. Non ho sentito un solo feedback in tutta la serata, e chiunque ha dimestichezza con festival mono palco, sa cosa vuol dire smontare e rimontare in 30 minuti l’attrezzatura di ogni gruppo regolando in 5 minuti l’audio per il gruppo successivo. Un grande bravo ai tecnici dunque, e complimenti a Raphael Didjaman per la scelta del posto, per il lavoro svolto e per essere riuscito a superare le difficoltà e i costi che si possono avere nell’organizzazione di un evento di questo calibro a Parigi.
Da Parigi è tutto. Alla prox.
Foto e testo di Alfredo Sestito http://www.alfredosestito.com