Andrea Ferroni: Ciao Ansgar, sei già abbastanza conosciuto come musicista in Germania ed in Italia hai già suonato due volte durante i “didjefestival”. Diverse persone vorrebbero sapere qualcosa su di te, quando hai iniziato a suonare, perché etc.
Ansgar Stein: Ho iniziato a suonare nel 1993. Un anno prima, vidi gli Yothu Yindi su un canale musicale in Tv, da subito rimasi attratto e la loro musica mi emozionava particolarmente. Nel ‘93 camminando per le vie della mia città notai una pubblicità riguardante un loro concerto proprio in Hannover
. Lo andai a vedere e cercai di capire come fosse fatto quel loro strumento. Mi sembrava fosse uguale a qualcosa che avevo già visto a Hannover, quindi mi recai nuovamente in quel negozio e ne era rimasto uno solo… e lo stava provando un altro ragazzo, oltretutto il prezzo non era dei più economici, circa 350? (dieci anni fa n.d.r.). Chiesi quindi al ragazzo che lo stava provando se poteva andar bene qualsiasi tubo e mi rispose: mmmh forse non sarà il massimo, però per iniziare direi proprio di si.Appena tornai a casa, presi il tubo in acciaio dell’aspirapolvere, provai e diventò il mio primo strumento! L’unica modifica che feci, fu aggiungere alcune piccole decorazioni e l’imbocco.
Andrea Ferroni: Sono quindi oramai passati 15 anni da quando hai iniziato a suonare ma quando hai deciso di passare al professionismo con questo strumento?
Ansgar Stein: Vivo lavorando con il didjeridoo dal 2000, ma il passaggio ufficiale a musicista professionista è stato solo nel 2002.
Andrea Ferroni: Quando fai musica o presenti i tuoi spettacoli, a cosa fai maggior attenzione per rendere interessante la tua musica?
Ansgar Stein: Il mio fine è mostrare la versatilità del didjeridoo in un insieme di melodie e ritmi per intrattenere al meglio il pubblico. Rimasi contento e sorpreso dopo uno spettacolo in duo con Yomano (musicista tedesco che propone musica techno e trance n.d.r.),quando una coppia di signori sulla settantina, comprarono un nostro cd chiedendo se i brani contenuti fossero quelli suonati sul palco.
Andrea Ferroni: Bene, come fai ad ottenere questi risultati? Quale è la tua fonte d’ispirazione?
Ansgar Stein: Nel passato sono stato influenzato da alcuni artisti dagli stili molto differenti e da cui imparai molto. Queste tecniche sono utilizzate nei miei brani la cui lunghezza non è mai superiore ai tre, quattro minuti. In questo modo cerco di comporre brani maggiormente diversi e distinguibili tra loro. Sto preparando proprio in questo periodo un nuovo progetto con ritmi “semplici”… e per semplificare potrei dire… che i brani potranno avere semmai ritmi simili, ma le tecniche saranno delle più variegate.
Andrea Ferroni: Quindi dobbiamo aspettarci un altro album?
Ansgar Stein: Per l’esattezza due album e usciranno entrambi quest’anno. Uno con Yomano, mentre l’altro con Joss (un ragazzo appena 18enne formidabile con le percussioni n.d.r.). Io e Joss stiamo lavorando molto duramente per riuscire a dare le stesse sensazione che diamo sul palco anche sul cd.
Andrea Ferroni: La musica che ho avuto modo di ascoltare è di stampo moderno, so però che sei un grande appassionato di musica tradizionale. Cosa mi sai dire a riguardo?
Ansgar Stein: Quando iniziai a suonare, il primo gruppo che sentii furono appunto gli Yothu Yindi. Cercai di avere maggiori informazioni su come riprodurre i suoni. Le risposte che ricevetti furono solo ripetizioni di sillabe che davano più il senso ritmico del pezzo ma non come riprodurre il suono; se chiedevo maggiori informazioni, non ricevevo risposta. Il motivo principale per cui non riuscivo a trarre informazioni valide non era esclusivamente un problema di differente utilizzo della fonetica in quanto la lingua aborigena utilizza fonemi differenti da quelli europei, quindi nell’imitare i suoni, spostiamo la lingua in posizioni differenti dalle loro. Cominciai quindi lo studio da autodidatta analizzando diversi cd che trovavo con difficoltà nei vari negozi; cosi facendo dopo molto tempo imparai alcune tecniche utilizzate in zone diverse dell’Australia del Nord e Nord Ovest. Geccoman Si può sentire questa differenza sin dalla nota base…che però meriterebbe di essere ascoltata dal vivo dato che sul cd non rende allo stesso modo. La differenza di questo suono, oltre che dalla fonetica, credo che dipenda anche dalla dimensione delle labbra. Ho cominciato a collezionare parole che i suonatori utilizzavano con maggior frequenza cercando di capire quali movimenti faceva la lingua. Queste parole sono poi state trascritte sull’Enciclopedia del didjeridoo (solo in tedesco n.d.r.) e con loro anche alcune frasi ritmiche per esempio “Ti-O-Insp”.
Andrea Ferroni: Questo metodo di approccio didattico credo però sia parte del tuo modo di insegnare oltre che di suonare. Come affronti questo discorso?
Ansgar Stein: Molti insegnanti in Germania, troppo spesso forniscono informazione e danno spiegazioni su tecniche di apprendimento di tipo “esoterico”, il risultato è che molte persone capiscono ciò che è stato loro rivolto in un tempo più lungo. Credo invece che con un’adeguata didattica, già alla prima volta, seppur sia difficile poter ripetere quanto spiegato, sicuramente si deve comprendere il funzionamento della tecnica illustrata.
Lavoro quindi in modo tecnico e sto lavorando sulle basi per ora: movimenti/suoni… Quando avrò compreso bene come questi funzionano, potrò quindi migliorare sui ritmi complessi. Per consolidare questo mio metodo, traggo informazioni da testi di medicina, logopedia, terapia tramite la respirazione e fonetica. Questo metodo è quello che trovo più semplice ed adeguato anche per poter insegnare. A volte invece mi è capitato di ricevere domande come: perché ti complichi la vita per cercare nuove tecniche di insegnamento? Ma la risposta non può essere altro di: questi sono i metodi per insegnare, sono i vecchi metodi di sempre ovvero suonare in modo tecnico/scientifico è il nostro modo di suonare, questo è la nostra via per insegnare e di imparare. Bisogna provare e vedere cosa succede.
Andrea Ferroni: Personalmente apprezzo questo approccio verso il didjeridoo, ma non per tutti vale la stessa cosa. Quante persone ti hanno detto “suoni con la tecnica e non con il cuore” o cose simile?
Ansgar Stein: mmh… non molti. Io sono convinto di suonare con il cuore, in ogni caso rispondo loro che non sono solo un suonatore di didjeridoo ma anche un intrattenitore. Mi rendo conto che questo modo di suonare potrebbe sembrare un po’ superficiale, ma lo faccio con passione e mi piace vedere nei concerti centinaia di persone che si divertono!
Andrea Ferroni: Quale progetto della tua carriera ti ha appagato maggiormente?
Ansgar Stein: Beh, direi che sarebbe troppo difficile risponderti. Non ne ho uno preferito, ognuno mi ha dato soddisfazioni e mi ha fatto acquisire capacità diverse nel mio lavoro. Con Yomano potevo suonare su musica Trance e Techno con la possibilità di suonare liberamente rispettando solo il tempo, suonavo piacevolmente a ruota libera provando ogni volta cose nuove; invece con Joss per relazionarmi con altri musicisti e improvvisare.
Il teatro, dove lavoro da sette anni ormai, mi ha aiutato anche per la preparazione dei miei spettacoli. Infine con la band per capire come poter integrare il didjeridoo e rivedere il ruolo dei vari strumenti musicali con cui interagivo.
Ulteriori informazioni su Ansgar-Emanuel Stein: www.projectpan.de
Andrea Ferroni www.andreaferroni.it